Rassegna storica del Risorgimento

OMODEO ADOLFO LETTERE
anno <1965>   pagina <51>
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Le Lettere dì Adolfo Omodeo 51
di borghesia nelle sue prime espressioni, si può osservare che esso non offre persuasive soluzioni di quello che, come si è detto, è il problema centrale dell'opera e della stessa vita dcll'Onutdeo, la ricerca dell'unità fra le élites intellettuali e le masse. La funzione della borghesia degli ufficiali nei riguardi dei soldati, e più generalmente, quella degli uomini di cultura verso i ceti popolari, non pare infatti essere quella di un'autentica mediazione, attraverso la cultura, delle esigenze popolari, o almeno di parte di esse, ma piuttosto quella di ima educazione e assimilazione meccanica dei ceti popolari alle esigenze del ceto dirigente. Non, quindi, una effettiva unità, risultato di uno scambio dialettico fra dirigenti e diretti, ma un'azione egemonica dei primi sui secondi, volta a estrarre dalla quasinatura, la massa amorfa della nazione, il contadino, l'ignorante che forman la massa dei soldati (lettera dell'll marzo 1918, p. 277), Io spirito. È evidente che questo modo di concepire i rapporti fra intellettuali e ceti popo­lari non poteva colmare, ma anzi accentuava la frattura fra di essi, fra la gene­razione carsica , come l'Omodeo si esprimerà nei Momenti della vita di guerra (pp. 388 ss.), e quella del dopoguerra.
Un altro risultato culturalmente importante che l'Omodeo ricava dalla esperienza della guerra, dalla visione di una concretissima umanità, e che con­ferma il peso che la vita pratica ha sul suo sviluppo culturale, è la crescente insod­disfazione per le astrattezze del tedeschismo , per i presupposti metafisici dell'idealismo tedesco e del gentili a nes imo, e l'aspirazione a ridurre maggior­mente l'idealismo tra le categorie del pensiero nazionale (lettera del 27 giugno 1917, p. 205).
Negli anni della guerra e del dopoguerra, frequenti sono nell'epistolario le manifestazioni del pensiero politico dell'Omodco. Esso si esprime in un'aperta méfiance per la classe politica italiana, composta di vacuità assolute o uomini bacati (21 maggio 1917, p. 196), per il fetentissimo Parlamento (10 giugno
1916, p. 123), per lo stesso regime democratico, che non ha ancora imparato ad accordare autorità e sapienza di governo con le libertà individuali (21 maggio
1917, p. 197); in un'aspra condanna dei moti operai di Torino dell'agosto 1917, farabuttate giolittiane e dei preti (2 settembre 1917, p. 223), scoppiati per reclamare, i grissini (19 novembre 1917, p. 238), e dell'appello alla pace fatto nello stesso 1917 dal papa Benedetto XV (3 ottobre 1917, p. 228). Alla fine della guerra, l'Omodeo critica la costituzione della Società delle Nazioni, di fronte alla quale si proclama fervente nazionalista, sia pure in senso buono (18 ottobre 1918, p. 325); ironizza sui cavilli dei quattordici punti di 'Wilson, lamenta vivamente la dilapidazione della nostra vittoria (24 giu­gno 1919, p. 365), la ingratitudine degli alleati, assecondata dal canagliume politicante italiano, che sta rovinando l'Italia e ha reso vani i sacrifici di centinaia di migliaia di vite (8 gennaio 1918, p. 266); invita coloro ohe hanno guadagnato capitali in guerra a metterli rapidamente in circolazione, in modo che così tutto andrà liscio (17 novembre 1918, p. 343). La sua speranza è in una nuova borghesia, più sana e più attiva, più onesta e più intelligente, che sostituisca lo vecchie classi dirigenti (23 luglio 1919, p. 372).
Sono tutti questi, dalTantiparlamentarismo alle riserve sul regime democra­tico attuale, dalla delusione per quella che fu chiamata la vittoria mutilata all'attesa di qualcosa che debba rinnovare profondamente la nazione italiana, motivi e stati d'animo caratteristici! com'è noto, di larga parte dell'opinione italiana del tempo. Essi spiegano l'adesione di molti al fascismo, una certa fiducia