Rassegna storica del Risorgimento

OMODEO ADOLFO LETTERE
anno <1965>   pagina <52>
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Guido Verucci
e speranza riposte inizialmente in esso da molti altri, fra coi l'Omodeo. È veroi clic in questi stessi anni di attesa nei confronti del fascismo, l'Omodeo, come ha osservato il Galante Garrone, si impegnava in modo tale su temi quali la scuola pubblica e l'educazione clericale, che si poneva già in rottura col fascismo.x) Ma è anche vero che le lettere manifestano chiaramente un senso di delusione amara (lettera a Giovanni Gentile del 24 giugno 1924, p. 413) per la consta­tata impossibilità di plasmare un fenomeno pregnante d'infinite possibilità (lettera allo stesso del 5 agosto 1924, p. 414), di suggellare tuia forma nostra . al fascismo, e la confessione aperta che abbiamo errato : con l'afférmazione che ciò che si è realizzato di buono nell'esperienza fascista non perirà (lettere allo stesso del 15 ottobre 1924, pp. 417 ss., e del 19 dicembre 1924, pp. 418 ss.). la constatazione che il fascismo ha un carattere proprio, eversivo della trai-sdone morale, politica e giuridica risorgimentale e unitaria, fondato sulla perpetua violenza e sopraffazione, ohe spinge l'Omodeo a una opposizione aperta. Dopo avere ancora sperato nell'azione politica del suo maestro, Gentile, nella sua capacità di avviare un programma di riordinamento nazionale, al medesimo egli scrive la stupenda lettera del 19 dicembre 1924: E in questo momento io ardisco, caro professore, dare un consiglio anche a Lei. Non avalli più col nome onorato di G. Gentile questa politica che degrada così in basso, e che fa suonare come un'ironia quell'ideale dello Stato forte e dello Stato etico che nutriamo nel pro­fondo dell'animo (p. 419).
Questa lettera si può dire che consumi il distacco dell'Omodeo dal Gentile e dal fascismo, consacrato poi nelle note prese di posizione teoretiche e storio­grafiche e nel sempre più intimo accostamento all'insegnamento e all'opera di Benedetto Croce, dei quali non c'è nell'epistolario di Omodeo più alto riconosci­mento di quello che si esprime nella frase: U nostro amico continua sempre nel suo assiduo e meraviglioso lavoro (lettera a Giovanni Laterza, 16 novembre 1940, p. 631). Comincia per l'Omodeo, soprattutto dopo un breve periodo di collaborazione, di cui l'epistolario offre una interessante testimonianza, a riviste ancora parzialmente libere dalla pressione fascista, quali Leonardo e La Nuova Italia, dirette da Luigi Russo, Cimila moderna, diretta da Ernesto Codigliela, un più lungo periodo di continuo, duro lavoro, compiuto in una quasi totale soli­tudine, mancanza di amici, mancanza di rapporti nel mondo accademico e in quello culturale: nel distacco, assai sofferto, dai giovani, dalla nuova genera­zione, immersa, a suo avviso, in una esperienza di ce vita gregale , insensibile ai valori della libertà come ideale e come metodo (cfr. soprattutto le lettere alla moglie del 10 e 14 agosto 1935, pp. 544-545, 546-547). Le lettere dell'Omodeo trasmettono efficacemente la sensazione di quello che dovette essere, che fu, il clima di stagnante conformismo, di oppressione soffocante che avvolse la cultura italiana negli anni del fascismo; a questo clima l'Omodeo reagiva con il lavoro scientifico intenso, eticamente impegnato: Quel cho resta a noi scriveva il 2 maggio 1937 a Luigi Russo ò la rabbia del lavoro, che è poi una vendetta dei forti contro i miserabili (p. 575). Le difficoltà della vita, inoltre, costrin­gevano l'Omodeo a compiere anche lavori editoriali extrascientifici, o lavori verso i quali non era portato da autentici interessi di studio. A provarlo, si aggiunsero gravi dolori familiari: primo fra tutti quello per la morte della figlia
*) A. GALANTE GARRONE, Introduzione a OMODEO, Libertà e storia, cu.., p. XVI.