Rassegna storica del Risorgimento

CLERO BASILICATA 1851-1860
anno <1965>   pagina <62>
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Saverio La Sorsa
dita si traevano i mezzi per comprare le misere vcsticciuole per i figlioletti, per pagare il fitto della tana, per procacciare un po' di dote alle figlie da maritare. L'istruzione elementare era In completo abbandono, né c'erano asili per i bambini che, lasciati liberi dai genitori spesso assenti da casa per guadagnare un tozzo di pane, saltellavano per le vie, laceri e scalzi, chiassosi e scostumati, senza un barlume d'educazione e d'istruzione, pronti ad azzuffarsi, facili al turpiloquio e alle violenze. Su di una popolazione di circa mezzo milione, appena un decimo era capace di compilare il proprio nome, e l'ignoranza era fomite di delitti e di pazzie di plebe, che esaltata da falsi pregiudizi arrivò fino al ponto di bruciare vive alcune donnicciuole imputate di veneficio e di sortilegio, e a fare a pezzi creature umane accusate di stregoneria.
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In mezzo ad un paese così povero e ad una popolazione tanto arretrata, afflitta di tanti mali, viveva un clero, in buona parte agiato e ricco.
Prima, della rivoluzione del 1860, la Lucania contava un forte numero di conventi d'ogni genere e d'ogni ordine, perchè, come nel Medioevo, le famiglie ritenevano tuia fortuna ed un onore avere figli e figlie avviati alla carriera eccle­siastica. In un'epoca di generale miseria e d'ignoranza, il chiostro e il convento rappresentavano un luogo di calma e di sicurezza per tante creature; le madri erano convinte che il monastero educasse e santificasse la prole, che un figlio vivente nella comunità di un convento, o destinato ad un canonicato, o una figlia avviata a vita monastica rappresentassero un decoro per la famiglia, la quale talvolta oltre al rispetto e alla estimazione pubblica, trovava anche dei vantaggi pecuniari per sé e per i parenti o amici.
Non erano preferiti gli ordini religiosi che si dedicavano all'istruzione e agli studi, come gli Scolopi e i Barnabiti, ma gli Agostiniani, i Cappuccini, i Domeni­cani, i Paolotti, i Conventuali e simili, i quali vivevano di predicazione e di carità, e non imponevano troppe restrizioni e sacrifici.
Non tutti questi ordini religiosi menavano una vita evangelica, ma parecchi erano dotati di vistosi beni, che permettevano loro di campare comodamente. Secondo il PaniRossi verso la fine della dominazione borbonica il loro patri­monio ascendeva ad oltre dodici milioni. I chierici, che uscivano dai seminari, erano addossati a circa cinquecento cappelle, le quali secondo il catasto possede­vano tre milioni di beni; le chiese erano 300, di cui 96 avevano benefici semplici, come dicevano i canonisti.*)
V'erano poi quattro Vice parrocchie, e 168 tra chiese curate e parrocchiali con discreti profitti ricavati da oltre sette milioni di sostanza, e 171 ex colle­giate o cleri ricettassi, con un beneficio di più di otto milioni di patrimonio, e in ultimo 23 diocesi o loro frazioni. Così i vari ordini di clerici possedevano comples­sivamente più di 32 milioni di patrimonio, oltre ciò che ritraevano dall'ammini­strazione delle Opere Pie e dalla pietà dei devoti.
Come si vede, era un patrimonio notevolissimo, che contrastava con la mi­seria generale delle popolazioni, cui mancavano le cose più indispensabili della vita, la casa e il vitto, il lavoro e in certi luoghi anche l'acqua per dissetarsi.
*) E. PANI-ROSSI, La Basilicata, Verona, 1868, p. 301.