Rassegna storica del Risorgimento

CLERO BASILICATA 1851-1860
anno <1965>   pagina <66>
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Saverio La Sorsa
divlnis tutto il capitolo della cattedrale e il clero di Rapolla, rinchiudendolo nel se mina rio di Melfi come in mi pecorile ; i colpita furono obbligati ad intervenire aU'ufiìciatura nel coro di Melfi, vestila di sola cotta senz'ultra insegna, mentre a Rapolla furono mandati due soli preti di Melfi, i quali si dovettero sobbarcare ad estenuanti fatiche per esercitare le più; indispensabili funzioni sacre. Lo stesso clero di Melfi non fu esente da soprusi, e fu obbligato a confessarsi a due sacerdoti chiamati a bella posta uno da Rionero, l'altro da Lavello.
Si coartava anche in questo la libertà di deporre i propri peccati ad un Sacerdote di propria fiducia .

Nella regione si annoveravano 429 Opere Pie, 47 Confraternite, 5 Ospizi e 9 Ospedali. Ira tutte sommavano un patrimonio di oltre sette milioni, con il quale dovevano soccorrere i miseri, dotare le fanciulle povere, accogliere gli orfani e i gettatelli, curare gli infermi e adempiere ai riti del culto
V'erano poi canoni, prestazioni, censi di disagevole riscossione fra tante insidie e ladrocini.
Eppure nei ricoveri dell'intera regione c'erano appena duecento tra orfani e figli di nessuno, che non avevano un'istruzione, né nutrimento sufficiente; i mobili e i letti erano sfasciati, le lenzuola e le coperte a pezzi, le vesti sdrucite; gli ospedali contavano appena quaranta letti, sforniti di lini e di coltri, di cui usufruiva uno per ogni mille abitanti.
La maggior parte delle Opere Pie procedeva senza bilancio; unica legge era l'arbitrio; i conti erano tardivi o non dati mai; il patrimonio della carità era poco meno di un'incognita, mal risolta da inventari incompleti o sperduti, da titoli di proprietà contesa e di crediti vulnerati dalla prescrizione. Mentre in altre re­gioni d'Italia la ricchezza delle Opere Pie cresceva, in Basilicata diminuiva per abusi, sottrazioni e ladrocini di furfanti.
Dai redditi dei beni posseduti dai Luoghi Pii, prima bisognava prelevare le spese di Messe, culto, feste, cera, luminarie, spese per liti contro i debitori mo­rosi, per saldo al segretario, al contabile, agl'inservienti, per riparazioni a chiese e a cappelle, per acquisto degli arredi, e il poco che rimaneva andava ai disere­dati, per i quali erano stati istituiti. Per dare un'idea di tale sproporzione rife­riamo che nel 1851 per opere di culto si spesero in tutta la regione oltre 18.405 ducati, mentre per quelle di carità appena due. 1.405, cioè quasi il 16 dello introito. *)
Di rado si trovavano anime generose, che, rispettando la volontà dei dona­tori, dedicavano i beni dati alle Opere Pie agli asili per l'infanzia, agl'infortunati, all'allevamento dei gettatelli, all'acquisto di letticciuoli e coltri ai poverissimi, ai soccorsi dei vecchi e anche all'istruzione. Questa incuria per non dire frode, dovuta alla insaziabile rapacità di pochi vampiri spiegherà come una gran massa di plebe, cresciuta in umiltà ed abbiettezza lacrimevole, tra memorie di pati­menti e presagio di altri maggiori, tra dimenticanza colpevole e mancanza di alcun conforto, trasmoderà in vendette feroci, quando, cambiata la forma di governo, sorgerà terribile e furente la triste piaga del brigantaggio.
<) E. PANI-ROSSI, op. cit., p. 294.