Rassegna storica del Risorgimento

CLERO BASILICATA 1851-1860
anno <1965>   pagina <67>
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Condizioni sociali e morali del clero lucano 67
Por mettere un riparo a tanto sfacelo bisognava trasformare la costituzione dei Luoghi Pii, restituendoli agli scopi per cui erano stati creati, Un rimedio essenziale era quello di vendere i beni immobili per abolire le grandi spese patri­moniali e quelli dell'azienda; così ai sarebbero raddoppiati i redditi e ne sarebbe venuto un maggior beneficio ai bisognosi, anche perchè sarebbe affluita la carità pubblica. Non doveva mancare la sicurezza che il volere dei fondatori fosse mantenuto, e si doveva impedire che su otto milioni di patrimonio, appena un quaranta nula lire di redditi (meno della decima parte) scampasse alle insidie di vampiri insaziabili e senza coscienza.
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Ma venne la spedizione dei Mille, che spazzò via l'odiata dinastia borbonica; si costituì il Regno d'Italia, e furono affrontati parecchi problemi d'indole so­ciale e morale, di cui si riteneva improrogabile la soluzione. Uno di essi rifletteva la riforma di alcune istituzioni ecclesiastiche, e l'aggiornamento delle leggi che riguardavano la pubblica beneficenza.
Con la legge del 17 febbraio 1861 furono falcidiati vari ordini regolari e cosi disparvero dalla Lucania 97 conventi, dei quali 71 mendicanti e 26 doviziosi, tra cui 21 monasteri di donne.
A questa benefica legge molti Comuni affacciarono inciampi e impedimenti; e parecchi sindaci ai dimisero per protesta contro tali novità; si fecero sotto­scrizioni tra i vari ceti sociali onde ottenere dal governo di non attuare provvedi­menti radicali, e si sollecitarono petizioni per il mantenimento di alcuni conventi, ma non si ottenne alcun frutto, anche perchè si constatò che numerosi cittadini erano stati costretti ad avanzare proteste dalla paura d'incorrere nell'ira di Dio, come andavano insinuando fanatici reazionari del clero e del laicato, e che molti, essendo analfabeti, avevano espresso la loro volontà dì osteggiare la legge inno­vatrice con segni di croce, per cui non si aveva piena sicurezza di verità su quanto avevano affermato. Molte monache tornarono alle loro case ad esercitare nobil­mente le virtù domestiche e la funzione di brave mamme, e non pochi uomini, usciti dai conventi aprirono botteghe e alberghi, altri si dettero al lavoro dei campi e ai mestieri artigianali, e i più capaci coltivarono l'ingegno, s'addottora­rono nelle professioni civili. Parecchi ex frati divennero bravi presidi e valenti insegnanti nelle scuole governative, e altri esercitarono dignitosamente le pro­fessioni liberali.
Come in altri rami della vita civile, la rivoluzione apportò ima profonda trasformazione, e dette un nuovo soffio di modernità e di progresso; cosi nel clero i nuovi istituti e le nuove leggi spazzarono via alcune strutture religiose, che non si confacevano più ai nuovi tempi e, se scomparvero taluni conventi e mo­nasteri, si purgò la compagine ecclesiastica, si elevò la morale cattolica, elimi­nando soggetti retrivi e parassitari, e dando alla Chiesa nuova vitalità e scopi più puri, meglio aderenti alla dottrina evangelica.
SAVEBIO LA SOJRSA