Rassegna storica del Risorgimento

SIMON ALO?S; SIMON ALO?S BIBLIOGRAFIA
anno <1965>   pagina <83>
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Libri e periodici
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La fiducia del Bonaparte nel Melai e la suo scelta di questo per la vicepresidenza della Repubblica Italiana sembravano a loro volta dare a questa posizione un certo fon­damento concreto almeno nel tempo; per l'immediato poi mettevano l'aristocrazia e la grande borghesia liberali al coperto dalla minaccia di un governo:, se non proprio giaco­bino, certo espressione di forze sociali meno conservatrici*
Quanto ai giacobini già profondamente divisi tra quelli che ancora speravano nella possibilità di una autonoma iniziativa italiana nell'ambito del sistema consolare e quelli che, invece, non vedevano tale possibilità che contro la Francia consolare anche essi finirono per fare lo stesso ragionamento.
Come testimonia il Breganze, a Lione essi si posero il problema se dovevasi affac­ciare una aperta opposizione, o se doveva secondarsi l'andamento delle cose..., onde otte­nere le dignità e gli impieghi all'oggetto di dar moto ad un migliore avvenire , finendo certo suggestionati dalle possibilità che sembrava offrir loro la politica dell' amal­gama lanciata in Francia dal Bonaparte per optare per la seconda soluzione.
Considerazioni suppergiù analoghe mossero anche i moderati e i giacobini delle re­gioni escluse dalla Repubblica Italiana.
Questo nelle speranze. Nella realtà sia gli uni sia gli altri e soprattutto i giacobini sbagliarono però i loro calcoli.
Il binomio BonaparteMelai che in pratica informò di sé tutta la breve vita della Repubblica Italiana sbarrò completamente la strada al giacobinismo. L' amal­gama non andò mai in verità per volontà più del Melzi che del Bonaparte oltre l'enunciazione di principio. I giacobini che furono ammessi nella nuova amministrazione repubblicana, sia centrale sia periferica, furono pochissimi, non riuscirono mai a realiz­zare una Joro politica e, in genere, finirono per essere amalgamati. Coloro che rimasero faorj dnU'amministrazione attiva non riuscirono a loro volta né a legarsi veramente con le masse né a creare grosse difficoltà a Bonaparte e a Melzi. Molti finirono, per vìvere, o nell'esercito o in strane ed equivoche posizioni ai margini della vita politica. Quelli, infine, che resistettero ridussero la loro attività sul piano delle organizzzazioni settarie anti-bonupartiste spostando progressivamente il fuoco della loro azione dal piano italiano al piano astinapoleonico. E ancora meno i giacobini riuscirono ad influire sugli indirizzi della politica economica e sociale. Questa infatti rimase appannaggio del Melzi e dei suoi collaboratori più stretti, che la vollero sempre intesa a favorire la grande proprietà agricola, tanto da suscitare in qualche occasione persino le perplessità e il disappunto dello stesso Bonaparte che, nel luglio del 1802, arrivò al punto di ammonire il Melzi che avrebbe vo­luto liberalizzare completamente il commercio dei grani, che certainement les proprié-taircs ne peuvent pas se plaindre dans la République italienne . Sul piano più immediata­mente politico-programmatico, particolarmente illuminanti sono poi le enunciazioni in larga misura dovute personalmente al Melzi contenute nel messaggio trasmesso dalla Contralta di Stato al Corpo legislativo nel giugno del 1802. Tale messaggio riassume infatti in buona parte la posiziono del Melzi e del suo governo rispetto agli avvenimenti che ave­vano portato alla nascita della Repubblica Italiana e rispetto al loro modo di intendere la democrazia in Italia e le sue forme. In Francia diceva il messaggio la Rivolu­zione è stato un bisogno della Nazione. In Francia la Rivoluzione fece nascere la guerra. La guerra sola ha portato fra noi la Rivoluzione. Essa ci è venuta da impulso straniero. Quindi la massa del popolo, che non vi era in alcun modo preparata, o fu spettatrice indo­lènte di un tale avvenimento, o non lo riguardò che come un effetto momentaneo della preponderanza dell'armi francesi. Non potè dunque attaccarvi ninna di quelle idee morali che soglionsi assumere per elementi di ordinata e ferma condotta . In queste condizioni, continuava il messaggio, dò che conta è creare uno spirito pubblico,il quale imprima nel popolo un consenso unanime nel sentimento della propria indipendenza, che è primie­ramente l'interesse sentito do tutti . Per realizzare dò il messaggio indicava una sola vìa, che, in pratica, non era che quella del vecchio riformismo pr-rivoitizioitano:
La ragiono e l'esperienza ci hanno mostrato che la giustizia sodale, fondamento primo e solo della felicità degli uomini e della prosperità dogli Stati, non può ottenersi che per la suggia continuazione de' principi conservatori dei diritti comuni, colla rispettiva