Rassegna storica del Risorgimento
SIMON ALO?S; SIMON ALO?S BIBLIOGRAFIA
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1965
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Libri e periodici
capacità e attitudine di coloro al bene dei quali si vuoi provvedere* Istituzioni si acconcie convertite in abito generale accresceranno successivamente la forza morale del popolo* Esso svilupperà nuova capacità e questa segnerà ai legislatori nuove prove di nonne che non saranno smentite .
Questo il messaggio', quanto al più. intimo pensiero del Melai, un suo lungo dispaccio al Bonaparte di quegli stessi giorni ce lo mostra tanto avverso ad ogni idea pur vagamente giacobina da affermare con riferimento al passato, ma cosi rispondendo alle obiezioni di coloro che sussurravano al Bonaparte che i giacobini sarebbero potuti essere ancora-utili se le cose in Italia fossero precipitate: ce n'est pas la partie active, mais plutòt la. panie passive de l'Italie qui a été la plus utile aux intéréts de la Franco dans la guerre passée .
Questo per quél che riguarda i giacobini. Quanto al Melzi poi, anche le sue speranze in un progressivo sgancianento della Repubblica Italiana dalla Francia e di un suo progressivo espandersi nella penisola naufragarono del tutto, sia per la precaria situazione inter-zioua 1 e, che impedì sempre qualsiasi pur timida iniziativa autonoma italiana, sia per l'occhiuta cura con cui il Primo Console seguiva le cose italiane, pronto a sventare ogni iniziativa autonomistica, sia infine per il timore dei giacobini che indusse il Melzi ad una estrema prudenza verso tutte quelle iniziative che avrebbero potuto vitalizzare la politica italiana, prudenza che arrivò sino a sconsigliargli di intraprendere un'azione decisa per ottenere almeno lo sgombero del territorio della Repubblica dalle truppe francesi, e, al contrario, a sollecitarne addirittura la permanenza.
Come ha scritto W. Maturi, il Melzi fu in pieno figlio del dispotismo illuminato settecentesco . La sua dedizione alla causa italiana, il suo sincero attaccamento alle sorti della Repubblica Italiana non possono essere messi in dubbio; le sue frequenti dimissioni dalla vice-presidenza non debbono trarre in inganno: se per certi aspetti si possono ricollegare al suo carattere insofferente di critiche e di opposizioni, esse non furono in realtà che le manifestazioni estreme di una politica e prima ancora di una consapevolezza: della consapevolezza della insostituibilità per il Bonaparte della sua persona e soprattutto delle forze che egli rappresentava. Si può solo osservare che alla lunga la sua politica era destinata a mostrare la corda e la sua persona a perdere progressivamente la sua insostituibilità il che appunto avvenne in concomitanza con la trasformazione della Repubblica in Regno e che, pertanto, sarebbe stato necessario vitalizzarla immettendovi nuovi elementi dialettici. A mano a mano che il riavvicinamento franco-austriaco si dimostrava sempre più irrealizzabile e, di conseguenza, veniva a cadere il progetto di fare della Repubblica Italiana la chiave di volta dell'amicizia tra Parigi e Vienna, una politica interna basata sostanzialmente soprattutto sull'edificazione di uno Stato amministrativo moderno ed efficiente e sul risanamento economico del paese non poteva eerto più bastare. Specie se questa edificazione amministrativa e questo risanamento economica si realizzavano e su ciò non vi è dubbio attraverso l'apporto di ceti economici e di gruppi politici e regionali particolari che ne ritraevano essi soli i maggiori vantaggi. Specie ancora - se il risanamento economico era nella politica del Melzi strettamente legato all'altra l'accia di questa politica, all'amicizia francoaustrìaca. Sicché, se da un lato si aveva una notevole ripresa agricola, mentre* nonostante alcuni progressi, l'artigianato e soprattutto le manifatture languivano, sempre più difficile era sistemare vantaggiosamente sui mercati esteri la produzione agricola, che finiva necessariamente per doversi orientare solo verso la Francia e il mondo francese e a condizioni sempre meno vantaggiose. In questa situazione come giustamente ha notato il Romani il risanamento economico realizzato dal Melzi non poteva certo dirsi veramente compiuto e la politica della Repubblica Italiana non solo non ebbe l'adesione delle elassi popolari e di buona patte degli ambienti commerciali e manifatturieri, ma venne anche progressivamente perdendo quella del proprietari agricoli.
La trasformazione, nel 1805, della Repubblica Italiana in Regno non fu un atto puramente formale. Pettata dalla logica dell'evolverei del regime napoleonico in Francia, essa non si limitò ad un semplice mutamento costituzionale che sancisse l'assunzione della corona ferrea da parte del presidente. Il paesaggio dalla Repubblica al Regno, infatti, fu