Rassegna storica del Risorgimento

SIMON ALO?S; SIMON ALO?S BIBLIOGRAFIA
anno <1965>   pagina <85>
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Libri e periodici 85
accompagnato da una radicale riforma delle cose italiane e segnò uu ulteriore scadimento dell'autonomia italiana e una ulteriore francesizzazione.
La prima -vìttima di questa trasformazione fu il Melzi, che seppur con grandi onori fu praticamente giubilato e ridotto in un ruolo poco più che onorifico. I poteri sino allora a lui riservati o delegati dal Presidente furono assunti personalmente da Na­poleone che si scelse come nuovo principale collaboratore italiano l'Aldini.
La giubilazione del Melzi fu, senza dubbio, decisa da Napoleone per liberarsi di un collaboratore che gli era molto prezioso e che stonava personalmente molto, ma che era tutt'altro che succube ai suoi voleri ed era di ostacolo ai suoi nuovi progetti, di legare sempre di più. l'Italia alla Francia e di farne una vera e propria dipendenza dell'Impero; non vi è dubbio però che essa fu determinata anche dal desiderio dell' imperatore di por fine con tale provvedimento all'opposizione sempre più viya che la politica del suo vice­presidente incontrava ormai in quasi tutti gli ambienti politici italiani; La scelta dello Aldini è da questo punto di vista sintomatica: a parte le sue capacità personali, l'Aldini era certo il rappresentante più autorevole di coloro che, nell'ambito del sistema napoleonico, più si opponevano all'autoritarismo del Melzi e al prepotere degli olonisti, auspicavano una politica meno conservatrice e, in genere, una certa distensione interna. Se l'assunzione della corona ferrea da parte di Napoleone inaspri ulteriormente i gruppi giacobini super­stiti e ferì profondamente il sentimento nazionale di molti, non vi è dubbio però che molti altri l'accolsero con soddisfazione, sperando che essa avrebbe significato l'inizio di un periodo di maggiore pacificazione e di prosperità interne, di espansione territoriale del Regno nella penisola e che questo, retto direttamente dalla mano ferma di Napoleone, sarebbe divenuto a parte il suo re italiano non solo di nome ma anche di fatto. Che queste speranze andassero ben presto deluse è un'altra questione, che non basta certo né a giustificare i gravi limiti della politica del Melzi né a smentire che il Regno trovasse tra noi molti sostenitori in buona fede. Nel 1805 la tensione spirituale che anche in Italia aveva accompagnato la Rivoluzione e le sue alterne vicende italiane era ormai quasi del tutto cessata. Gli Italiani erano ormai stanchi di rivolgimenti, di guerre, di nuovi esperi­menti e ad essi mancava persino il ricordo di tempi migliori. L'esperienza democratica del triennio *96-'99 e della stessa seconda Cisalpina era per i più un fatto negativo. Ciò che di positivo in quella esperienza vi era stato per alcuni ceti e gruppi sociali, questi lo avevano avuto sostanzialmente confermato dalla Repubblica Italiana e dalla Repub­blica Francese, seppur al prezzo della mancanza dell'indipendenza e della libertà. A parte gruppi sempre più ristretti di vecchi giacobini e di patrioti che si rendevano conto della impossibilità di mutare le cose italiane se prima non si fossero mutate le cose europee in genere e che pertanto andavano vieppiù trasferendo la loro azione settaria sul piano europeo e legavano le sorti dell'Italia a quelle della lotta antinapoleonica e della politica delle grandi potenze liberali nemiche di Napoleone, a parte questi gruppi, dunque, la mag­gioranza del paese, stanca e disincantata da un lato e succube da un altro lato del mito-di Napoleone, aspirava solo alla pace.
Venuti meno i suoi obbiettivi nazionali , hi politica del Melzi era ormai inadatta a tenere il passo con questa aspirazione e, in ultima analisi, appariva ad ambienti e ceti sociali sempre più vasti un ostacolo alla distensione interna (politica e sociale) e a un nuovo tipo di rapporti con la Francia. La giubilazione del Melzi non trovò pertanto che scarsi avversari, potè esnere realizzata da Napoleone senza difficoltà e, nonostante il ruolo ono­rifico riservato all'ex vicepresidente, portò con sé la fine della politica melziana, come del resto aveva subito lasciato capire la scelta dell'Aldini. RENZO DB FELICE
TOMMASO PEDIO, Contadini e galantuomini nàti* provincia del Mezzogiorno d'Italia- durante: i moti del 1848; fiaterà* Fratelli Monteznurro, 1963, in 8, pp. 219. L. 1200.
La posizione assunta dai ceti modi, dagli artigiani e dai contadini nei moti risorgi­mentali in Italia meridionale, ed in particolare nelle provincie, non è ancora stata posta nel dovuto risalto. La ricca letteratura sulle vicende svoltesi nell'antico regno delle Due-Sicilie sorvola, generalmente, tale aspetto del Risorgimento e le notizie sulla partecipa-