Rassegna storica del Risorgimento

SIMON ALO?S; SIMON ALO?S BIBLIOGRAFIA
anno <1965>   pagina <87>
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Libri e periodici 87
esercitare gli usi civici sulle terre ormai assegnate ai riechi proprietari terrieri o destinate ad essere distribuite in piccole quote ai contadini poveri (pp. 36-37).
11 movimento contadino non aveva la possibilità di ottenere risultati concreti con' tro Pavidità e l'incomprensione della classe dirigente Già condannali come anarehin o comunisti, i contadini aspirano , invece, e semplicemente alla sparlinone delle terre demaniali ed alla reintegrazione di quelle usurpate dagli antichi baroni, dagli enti religiosi possidenti e, soprattutto, negli ultimi tempi, dalla nuova borghesia terrièra (p. 42).
questo il motivo per cui il moto liberale restò paralizzato e, come si esprime e dimostra ampiamente il Pedio, non sempre ci si avvale, dorante i moti politici del 1848, dell'apporto che al movimento liberale potrebbero dare i contadini (p. 42).
Gli avvenimenti che seguirono alla sanguinosa repressione a Napoli del 15 maggio '48 sono straordinariamente romanzeschi. Solo due giorni dopo un gruppo di deputati radicali (così il Pedio definisce i democratici del '48), tra cui Petruccelli, Mugolino, Ricciardi, Del Re, De Blusiis e Carducci, ritenendo inutile ed infruttuosa l'opposizione parlamentare, decise di sollevare le provincie al fine di arrivare alla proclamazione di un'assemblea co­stituente che avrebbe deciso delle sorti dello Stato (pp. 153154).
Il Pedio segue ora con minuta precisione non solo la marcia dei borbonici nel Sud contro gli sfortunati tentativi dei ribelli, ma soprattutto il movimento di idee della bor­ghesia la quale, per la parte liberale, fa capo ad un uomo di notevoli capacità organizza­tive e politiche, Vincenzo d'Errico, faziosamente ignorato dai cronisti e dagli sto­rici locali.
Sin dal 30 aprile '48 a Potenza, ad iniziativa del d'Errico, venne aperto il Circolo Costituzionale Lucano. Senza la reazione borbonica, questo Circolo avrebbe potuto con­tenere l'opposizione dei radicali, che accusarono di fiacchezza e di tradimento il costitu­zionalista deciso. Fuggito in Francia alla fine, il d'Errico non potè più rivedere la terra natia e, costretto a rifugiarsi a Torino, dove si spense nel '55, fu onorato da Paolo Emilio Imbriani: Prepose alle dolcezze degli agi della Patria e della famiglia il culto onesto ed operoso - della libertà e dell'indipendenza d'Italia (p. 172).
Non sembri strano che lo storico moderno esalti questo antico moderato: il Pedio, che ha una visione esatta e precisa del movimento contadino e dell'atteggiamento dei ra­dicali, storicizza, con assoluta precisione, la realtà sociale in cui va collocata quella corrente liberale che, in Basilicata, deriva dal d'Errico.
La posizione che... ha assunto nel 1848 Vincenzo d'Errico, il quale è riuscito a raccogliere intorno al Circolo Costituzionale Lucano tutti i ceti della borghesie... e l'atteg­giamento assunto da elementi radicali che, nel 1849, sono riusciti a stringere intorno alla Setta dell'Unità Italiana ben saldi legami tra i vari ceti della borghesia... valgono, sostan­zialmente, a porre in essere le premesse per il conseguimento dell'unità della borghesia lucana, cementata, successivamente, anche dalla preoccupazione di difendersi contro l'imperversare della reazione (pp. 196197).
Quanto alla composizione sociale, cui è particolarmente rivolta l'attenzione di questo studiolo, le osservazioni dello storico sono fuori discussione. Chi usi nel loro egoismo, i galantuomini hanno troncato ogni rapporto con i ceti popolari e di questo loro isolamento si avvale il potere centrale per acuire quei controsti, inevitabili tra le diverse classi sociali, e per fomentare Podio dei poveri contro i ricchi... Questi contrasti non traggono origine, rileva il Pedio, da nette divergenze ideologiche, bensì soltanto da aspirazioni diverse per sui, una volta superali quei contrasti con il raggiungimento della unità della borghesia, sono destinati sostanzialmente a scomparire quelle che appaiono diverse e contrastanti posizioni ideologiche (pp. 194196). <t Anche i piccoli e medi proprietari, una volta raggiunta l'unità della borghesia lucana, si considerano come facenti parte della classe dirigente e seguono, nei loro atteggiamenti, i ricchi proprietari terrieri i quali continuano, sostanzialmente, a rimanere i veri e soli arbitri della vita locale e che, soltanto quando vi saranno costretti dagli eventi, interverranno nuovamente nella latta politica ed insor­geranno contro i Borboni per non essere travolti nella loro rovina (pp, 197-198) .
Questa rivoluzione è fatta (questo il senso dello studio) fuori del mondo contadino, contro 3 diseredato mondo contadino di cai il Pedio ricostruisce in un'ampia visione