Rassegna storica del Risorgimento

SIMON ALO?S; SIMON ALO?S BIBLIOGRAFIA
anno <1965>   pagina <88>
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Libri e periodici
d'insieme la partecipazione ai moti del '48 nelle singole regioni meridionali. Questa rivo* luzione liberale, operante fuori del mondo contadino ed indifferente ai bisogni ed alle aspirazioni di questa classe sociale, non riuscirà, di conseguenza, a rinnovare su nuove e più. vaste basi sociali, la vita economica e politica del Regno, sorto con 1 unità territoriale della penisola, trascinando nel proprio corpo sociale, sin quasi ai nostri giorni, la piaga debilitante della divisione fra il mondo contadino e quello borghese, e, conseguenza ine­vitabile, quella della questione meridionale. TOMMASO FIORE
CARLO PISCOEDDA, Problemi dell'unificazione italiana (Collezione Storica del Risorgi mento e dell'Unità d'Italia, 51); Modena, S.T.E.M., in 8, pp. 340. L. 2000.
Non si tratta ed il titolo lo annunzia di tutti i problemi della unificazione na­zionale, sulla cui enumerazione e qualificazione sarebbe tutt'altro che facile una concor­danza assoluta, ma come avverte l'A. di problemi o aspetti meno noti o ignoti e di momenti importanti per peculiarità di contrasti fra uomini e correnti politiche, di figure rappresentative della futura classe dirigente unitaria .
Tale materia viene ripartita in quattro saggi, il primo dei quali riguarda gli aspetti politici e sociali dell'esercito piemontese, e quindi il suo ordinamento in rapporto a quello di altri eserciti europei, hi sua amministrazione, le resistenze nella conservazione di privi­legi contrastanti col principio costituzionale dell'eguaglianza dei cittadini, e le conseguenti reazioni da parte dei ceti non privilegiati e della classe contadina e popolana in ispecie.
Una vera inchiesta dunque, che va dal periodo albertino alla guerra del 1859: guerra che mette a nudo le manchevolezze del sistema, ma mette anche in luce la disciplina, la resistenza ed il valore di quell'esercito.
Un'inchiesta condotta con spirito sereno, con obbiettività assoluta e buona copia di considerazioni e deduzioni, sia che si tratti di esaminare e mettere a confronto situazioni di diritto e di fatto, e sia che entrino in campo i militari od i politici con le loro idee di­verse e le contrastanti direttive.
Nel secondo saggio che ha per titolo Cavour dopo Villa/ranca e che è l'ampliamento di analogo saggio precedente, viene presentato e vorremmo dire rivissuto quel momento gravido di incognite quasi paurose che segue appunto l'armistizio di Villafranca.
Dopo la scenata di Monzambano , Cavour come tutti sanno abbandona il suo posto, ma superate le ore dello sdegno il suo ritiro non diventa quello del si­lenzio* della solitudine e dell'inazione; anzi egli considera come suo dovere l'ufficio di riser­vato consigliere e di sollecito confortatore di coloro che hanno accettato la sua pesante eredità. Di qui il riaffiorare del contrasto fra il grande Ministro ed il volitivo Sovrano il quale si era lusingato di poter finalmente fare la sua politica con la docile collaborazione del ministero La Marmora-Rattazzi.
Appunto di questi mesi è il groviglio di urgenti problemi e di contrastanti proposte di soluzione: le difficoltà appaiono insormontabili, si esauriscono nello smarrimento e nello sconforto le vecchie direttive,.si dubita di tutte le soluzioni e di tutti gli ardimenti: ed ogni voce, ogni dissenso, ogni opposizione acquista potenza, moltiplica le preoccupazioni, e suona come profezia o minaccia del peggio.
In tale novero vanno inclusi i dibattiti e su di essi si sofferma l'A. a proposito della reggenza del principe di Carignano, nonché i contrasti fra Cavour e Rattazzi, ed i violenti attacchi non senza sapore demagogico di Brofferio specialmente contro la desi­gnazione di Cavour quale plenipotenziario al Congresso e non ultimi i disegni ed i propositi di Garibaldi sulla Nazione Armata, ed in fine la caduta del ministero.
Sn questa terreno non facile anche per lo storico viene condotta l'indagine che l'A. stesso giudica troppo minuta e sottile e che noi diremmo piuttosto indispensabile se si vuole dar vita alle deduzioni con la quale si conclude Io studio. Prima fra esse quella di dover riconoscere a Cavour non già la velleità di tornare al potere pur ammet­tendo che non mancasse il proposito che non manca mai agli uomini in simili circostanze ma piuttosto hi coscienza della opportunità o necessità di un suo ritorno, coscienza formatasi di fronte agli eventi.