Rassegna storica del Risorgimento
CONGRESSI VIENNA 1965
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1965
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In margine al XII Congresso internazionale di scienze storiche 511
la scienza storica ha contribuito più a provocare che ad evitare le grandi catastrofi delle due guerre mondiali; mentre non sembra che oggi essa sia in grado di dare un grande contributo alla soluzione dei problemi ohe assillano l'umanità. Da questo, che è talora, come si è visto, esplicita confessione, e talaltra solo un confuso stato d'animo, nasce l'impulso per gli studi storici a mettersi al passo col presente, a darsi una giustificazione e attuale , a gareggiare anch'essi con le indagini economiche o sociologiche nella pretesa di influire sui grandi fatti del nostro tempo. Ma se ciò rivela una lodevole sensibilità a quella relazione col presente fuori della quale non c'è storia vera, lo sforzo di attualizzare gli studi storici per questa via è troppo immediato e superficiale perchè possa dar luogo a risultati intellettuali seri. La stessa esigenza di una storia universale che faccia posto adeguato auche alle civiltà non europee, valida nella misura in cui richiede una visione più equilibrata dei vari apporti di civiltà, unisce per rivelarsi profondamente arbitraria e contraddittoria quando pretende di dar luogo a una visione unitaria della storia mondiale mediante il trasferimento nel passato di una unità realizzatasi solo negli ultimi due secoli grazie all'espansione del mondo occidentale. Da ciò le ricorrenti deplorazioni, di cui si è fatto eco in sede congressuale anche Louis Gottschalk (Chicago), circa la incompiutezza e il livello non soddisfacente di tutte le storie universali finora disponibili: da attribuire non già, come crede il Gottschalk, a difetto di energie sufficienti da parte degli autori che da soli si sono accinti al compito della storia universale, e neppure a mancanza di adeguato coordinamento nelle opere collettive: ma all'insufficienza teorica e metodologica delle premesse che stanno all'origine di questi tentativi e di questi giudizi, che rivelano un netto passo indietro rispetto al livello che il problema della storia universale aveva raggiunto nella dottrina dello storicismo.
E si aggiunga che le accuse rivolte alla storiografia incentrata sullo Stato nazionale assai spesso non sono affatto il risultato di un lodevole sforzo di autocritica: ma soltanto la prosecuzione della polemica e delle accuse che da decenni la storiografia anglosassone, rimasta sempre piuttosto sorda ai problemi delle nazionalità, ha rivolto alla storiografia italiana e, soprattutto, a quella tedesca, ovviamente assai sensibili su questo punto. Una riprova palmare se ne è avuta nella relazione presentata da Hans Kohn, il noto studioso ceco del nazionalismo da trent'anni trasferitosi negli Stati Uniti e ormai americanizzato, sul problema appunto delle nazionalità nel XIX e XX secolo: nella quale si sottolinea il significato dei moti nazionali della prima metà dell' Ottocento e del periodo successivo al 1945, che appaiono giustificati dal loro presunto carattere popolare, anche quando per avventura si siano svolti o si svolgano sotto la guida di regimi e partiti di stampo totalitario; mentre la condanna più netta è riservata ai moti nazionali della seconda metà del XIX. secolo, e in primo luogo al Risorgimento italiano e all'unità germanica. Alla storia italiana e tedesca, messa sotto accusa dai suoi successivi sviluppi totalitari, si contrappone così quella di impronta più liberale e più democratica dei paesi occidentali, in un contrasto quanto mai semplicistico, che si risolve non solo in una totale incapacità di cogliere il significato della storia delle nazionalità italiana e tedesca, ma in una persistente e tenace polemica assai pooo adatta a condurre a un equilibrato giudizio sul passato.
Le suggestioni politiche che stanno dietro posizioni come queste appaiono del resto evidenti nelle accuse che Barraclough, nelle dichiarazioni or ora ricor-