Rassegna storica del Risorgimento

FARINI LUIGI CARLO
anno <1965>   pagina <538>
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Romolo Comandimi
DÌO, il quale nel 1822 pubblicò anonima la traduzione dei sermoni XXXVI e XXXVIII, dedicandoli a don Giuseppe Battaglia, che in un corso di predicazioni eon apostolico zelo aveva perseguitato i vizi, mostrando la bruttezza loro, e inculcata la pratica delle virtù, mettendo in chiara vista le Bellezze loro ed il bene che producono . ) Luigi Rava racconta che la scelta fu fatta ad arte dallo zio del Nostro, il quale intendeva fare una reprimenda al clero del suo tempo, coprendosi dell'autorità dcll'Ipponcse. Infatti, tra i tanti, aveva scelto quelli aventi per titolo: Ad presbyteros de vita eorum e De non vendendo Sacramenta, che costituivano un'amara critica ... contro i preti e i vescovi che vivono monda­namente, vaghi di onori, di ricchezze, frequentanti la piazza col popolo, giranti perle case a farsi delle comari, e via dicendo .2'
Il censore, tale don Tommaso Saporetti, trattandosi di testi di un padre della Chièsa, non ebbe dubbi a concedere il si stampi, ma quando si avvide del tiro birbone giocatogli, si ripromise di esser più guardingo in altra circostanza. Era destino però, che i liberali vincessero in scaltrezza i sanfedisti ! La nuova occa­sione si presentò nel 1827, quando si trattò di dare alle stampe i famosi Commen tarli di Stefano Bonsignore: versi ed iscrizioni in onore di lui. H profilo del vesco­vo faentino era stato redatto da D. A. Farmi; ma don Saporetti, scottato una volta, non ne avrebbe mai autorizzato la stampa, se ne avesse conosciuto l'au­tore; così gli si fece credere che redattore della breve biografia fosse Giovanni Gncci, il bibliotecario di Faenza non ancora in fama di liberale, benché princi­pale promotore col Farmi dell'iniziativa; e così Yimprimatur fu concesso. È ben nota la conclusione della vicenda: il libro fu posto all'indice, il censore ri­mosso dall'ufficio, il Farmi mandato in un convento per un corso di esercizi.3)
1) L. BAVA, op. di., p. 92,
2) Ibidem, p. 93.
3) Ibidem-, pp. 88-95. Su mons. Stefano Bonsignore cfr. F. MEDA, Un Prelato mila­nese casarista, estratto da La Scuola cattolica, gennaio 1933, e C. MAZZOTTI, Il Vescovo Ce­sarina mons. Stefano Bonsignore a Faenza, in Studi Romagnoli, Vili, 1957, pp. 147-167. Ai ricordati Commentarii collaborarono le più vivaci intelligenze romagnole; oltre al Gncci e al Farmi, rammentiamo D. Stracchi, A. Cappi, G. Roverella, E. Fabbri, G. Ma-uuzzi, P. Farmi, B. Borghesi, G. I. Montanari, C. Montai ti. Del gruppo, ben tre erano ecclesiastici: G. Manuzzi, P. Farini, C. Montai ti, il che sta a dimostrare che consentivano coi modi di pensare e agire del prelato cui era stato concesso d'impartire la cresima a Enrichcttn Blondel, o per lo meno riconoscevano la rettitudine delle sue intenzioni. Il Montarti andava anche più in là nella sua ammirazione per il Bonsignore, la quale voleva significare polemico dissenso coi modi del governo ecclesiastico in spiritualibus e in tempo-ralibus, come lo dimostra la seguente lettera inedita che egli indirizzò dall'esilio di S. Ma­rino all'editore dei Commentarii, il conte Giovanni Gucci:
Amico pregiatissimo, Sammarina, 8 del 1827
ai primi di quaresima avrete i versi in lode del fu ottimo Bonsignori (sic), ohe io m'ebbi amico fin da quando la sorte ini era meno avversa sulle rive dell'Adda a' più felici giorni. Prestandomi all'invito* del qualo mi onorate, intendo di darvi eerta prova della mia amicizia, non giù <Ii adeguare, scrivendo, Io virtù di un tanto protagonista.
Borghesi, che vi riverisce, vendo occupatissimo dello aggiunte al Lessico del Forcel* lini che si ristampa in Padova daH'Abb.o Furlanettì, non osa promettere il componi­mento, che in vostro nome gli ho chiesto. Io però gli sarò perfino importano, onde otte­nere che consacri qualche monumento alla memoria di un Vescovo, che non aveva pori