Rassegna storica del Risorgimento
FARINI LUIGI CARLO
anno
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1965
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pagina
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540
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540
Romolo Comandini
mercè l'aiuto di Aldo Massera, delle rarissime, versioni fa rmiauc e delle circostanze in coi erano state rese di pubblica ragione, concludeva: Se con la traduzione dei- sermoni del grande vescovo di Ippona Luigi Carlo seguiva un esempio già dato, anni prima, dallo zio Domenico, non è però probabile che egli abbia avuto uno scopo politico: le sue furono due stampe di occasione e nulla piti.1>
È in queste affermazioni dell'illustre biografo del Farini che sta Terrore ! 11 Messcdaglia, accontentandosi delle notizie esteriori concernenti i due rari opuscoli fariniani, ignari) (come anche doveva esserlo il suo informatore Massera), della tragica storia religiosa di Rimini in mici torno di tempo, potè considerare esercizi letterari le versioni del medico di Montescudo, forse perchè esse erano presentate in quello stile artificioso, pomposo e talora goffo che caratterizzava le scritture dei letterati della scuola classica romagnola, stile che (è il Messedaglia stesso a notarlo, a proposito di altra opera fa rimana) troppo piacque anche al Farini, massime negli anni della sua gioventù 2)
Ma se in fatto di stile il futuro dittatore dell'Emilia non si adatterà mai a mettere da banda i canoni del bello scrivere purista, preferendoli a quelli della nuova poetica romantica, in fatto di idee, sin dall'adolescenza militerà dalla parte dei novatori; e non è pensabile che nei mesi in cui più d'uno dava opera ad attraversare i suoi piani e ad impedire la realizzazione dei suoi progetti, e il p ugnale del sicario colpiva a morte lo zio amatissimo, egli si baloccasse in esercizi di bello stile. Non avendo la possibilità di affrontare gli avversari a viso aperto, per esprimere senza ambagi la sua opinione; non potendo dire la sua agli uomini di chiesa, che considerava responsabili dei suoi guai personali, della tragedia che aveva colpito la sua famiglia, della situazione generale della Romagna in quei difficili tempi, proprio come Domenico Antonio nel 1822, si rivolge loro con le parole di Sant'Agostino. Era l'unico modo di far giungere la sua voce accorata ad orecchi che altrimenti sarebbero rimasti ostinatamente chiusi.
Il Farini, nato nell'anno della spedizione di Russia, cresciuto alla scuola di uomini che avevano ricoperto funzioni di responsabilità negli anni della dominazione napoleonica, divenuto uomo allorché i mori del '31 si concludevano per molti suoi corregionali coi patiboli e le carcerazioni, aveva vissuto giorno dopo giorno la vicenda amara di un ventennio di storia romagnola, che forse avrebbe avuto un altro corso,: se il territorio delle Legazioni, come s'augurava l'abate Cesare Montarti, non fosse stato riassegnato alla Santa Sede.3) Egli condivideva questa opinione e infiniti altri con lui, appartenenti al clero e al laicato. U guaio era che chi deteneva le leve del potere in Romagna faceva di tutto per esasperare la situazione e spingere i Romagnoli alla disperazione.
'*} Il corsivo è nostro. A. MESSEOACI.IA, op. cil., p. 67.
a) Ibidem, p. 64. Il rilievo è fatto anche da L. Rava nell'introduzione ni volume del Messedaglia, p. XVII, dove per altro si rileva òhe, abbandonata la classica e romagnola mania della ricerca del bello stile , in prosieguo di tempo la prosa del Farini si fa sobria e dignitosa e actruista maggior solennità , allorché egli assunte, ufficio: di storico .
') Scriveva il Montani il 9 maggio 1814 da Milntm a Eduardo Fabbri: Qui è voce generale ohe, ad onta della insistenza del J'npn, la Romagna non sarà più dominata dalla Santa Sede: ove ciò si avveri, il nostro destina sarà felice; e lo sarà maggiormente, se le tre legazioni formeranno parte del Regno di Etrnria ; (cii. da U. DE MARIA, Della vita, degli scritti e degli amici del Conte Eduardo Fabbri, Bologna, 1921, pp, 49-50).