Rassegna storica del Risorgimento
FARINI LUIGI CARLO
anno
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1965
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pagina
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544
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544
Romolo Comandlni
Forare, la carità, ed ogni altro bene ... Se Caino l'avesse avuta nel cuore, non avrebbe lordato le mani nel sangue fraterno; se Assalonne l'avesse serbata nelle parole, non avrebbe contraddetto il padre; se Giuda l'avesse mantenuta nelle opere, non sarebbe corso al laccio ... 0 pace, tu se' nuda di vanagloria, spoglia di superbia. Beato chi ti possiede, e maledetto chi ti odia, maledetto obi ti fa guerra, chi il tuo regno ira gli uomini turba ... Se vero è che gli uomini diliggano la pace debbono eziandio amare la giustizia, sua amica dilettissima; la pace e la giustizia sono sempre abbracciate insieme, e se non sei all'arnica benevolo, la pace noi sarà a te ... ,.B voi, a' quali la giustizia è cara, portate affetto primo alla pace, che Viene dagli Angeli commessa agli uomini di retta volontà, e non mai ai tristi e depravati. Né vi ha uomo di intendimento più cattivo di colui che, pieno di superbia nel portamento e d'insaziabile cupidigia gonfio nel cuore, non mai si accontenta a ciò che ha, né costui può dalle dolcezze della pace esseri-confortato ... Poiché abbiamo preso a dispregiare il mondò e le cose mondane, dobbiamo spegnere la sete delle ricchezze ... Gli uomini menerebbero sulla terra vita felice, se fossero tolte al consorzio mnano le parole mio e tuo. 0 povertà beata, piena di pace ubertosa, ovunque sicura ed illesa, ed amica di tutti. Chi ti. ama, ama la pace; chi non ti ama, non conosce tranajùllità .
Le osservazioni fatte a proposito del volgarizzamento del De pace, valgono ad ahiiìulnnìium per il De fallacia mundi etc., dedicato al quaresimalista don Gorbucci, nel quale si riscontrano motivi in parte affini a quelli trattati nell'altro, anche se verte soprattutto sul biasimo delle ricchezze e il pregio della povertà.
Gli studiosi di patristica non da oggi hanno posto l'accento sul messaggio sociale scaturente dai testi dei padri della Chiesa, i quali maledirono alla ricchezza, all'usura, allo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Ebbene anche questa era una predica di cui abbisognavano i chierici riminesi (e non solo riminosi) del tempo in cui il Farmi era ospite di Montesendo. E ben noto come i benefìci ecclesiastici non fornissero a chi ne era investito identico ammontare di rendite; c'era chi aveva moltissimo, cbi poco e ehi nulla. Inoltre non tutti tenevano in conto che il patrimonio della Chiesa era patrimonio dei poveri, ai quali, una volta detratte le spese di culto e di mantenimento del beneficiario, doveva andare la totalità delle rendite. Ma in quel di Ri mini ai consueti difetti della organizzazione economica ecclesiastica si affiancavano ben piò. gravi inconvenienti, dovuti al solito mons. Gentilini, negato alla difficile arte del buon governo e incapace di aniministrare i beni del patrimonio privato e della sua Chiesa.
Non si tratta, come anche nel caso della disarmonia esistente in diocesi, di pettegolezzi, bensì di fatti concreti di eccezionale gravità, di cui ci parla un testimone fuori di ogni sospetto, il vescovo di Imola Mastai Ferretti, cui le Congregazioni romane avevano affidato il compito di vigilare sulle faccende riminesi. II futuro pontefice ne rende edotto l'arcivescovo di Ravenna Falconieri con frequenti lettere, dalle quali apprendiamo che nei primi giorni nel '35 si era suicidato a Rimini il nipote del vescovo. Il Mastai Ferretti il 13 gennaio comunica la notizia in questi termini al confratello: Avrete sentito il fatto tragico succeduto in Ri tu ini: il suicidio cioè del maestro di casa di Mr. Genti-lini. Dicono per motivi d'interesse. Oh I che brutto fatto, e bruttissimo ncDa persona di un famigliare e di un parente di un Vescovo ... . *)
*) A. SEnArmr, op. cìt.,p. 7S4.