Rassegna storica del Risorgimento
BALBI SENAREGA FRANCESCO CARTE; BIBLIOTECA UNIVERSITARIA DI GEN
anno
<
1965
>
pagina
<
599
>
Le Carle di Emanuele Celesta 599
Nelle lettere del giureconsulto e patriota fiorentino Leopoldo Cempini, si colgono aspetti della situazione politica toscana di qualche interesse. In una lettera dell'11 luglio 1847 si legge: Le cose qua vanno bene, i giornali parlano ad alta voce e pare che il governo* almeno per ora, sìa di buonafede; qualche piccolo disordine, figlio d'abuso di potere dei carabinieri, non è tale da turbare la pubblica quiete, ma ci servirà di punto d'appoggio per chiedere con maggiore insistenza e ottenere quello a cui ora miriamo, una guardia civica. Lo spirito pubblico è risvegliato possentemente e la discussione la più, animata sugli interessi nazionali ha supplantato Vìnutìle cicaleggio degli anni scorsi; questa pubblica educazione politica non può non portare il suo frutto. Il 1 febbraio [18491 sottolinea la dinamica della politica liberale avanzata in Firenze e lo sviluppo delle esigenze democratiche: Perdonami se all'ultima tua non risposi fin qui, ma qua fra noi in questo tempo c'è stato, e v'è tuttora, un certo moto febrìle che bisogna dirigere onde altri non se ne impadronisca o non vada disperso. Noi abbiamo guadagnato qualche cosa, questo è certo, il popolo comincia ad aver fiducia nei liberali del nastro calore e i moderati veggono a mal partito i loro paurosi consigli come gli agenti austriaci suscitano vanamente tumulti fino qui intempestivi. Noi continuiamo a educare a organizzare e render popolari quelle idee che fino ad ora sono a guisa d*oracoli rimaste patrimonio di pochi. Voglia il cielo che la nostra fede e la nostra attività non vada perduta per mancanza oVaffratellamento colle altre province italiane. Noi cerchiamo di porre per ora l'armonia in casa nostra e trovar nella concordia la forza, dopo verremo a cercar tutti; quella risposta deciderà. Quando ti dicevo in quella mia tal lettera tutto va bene non intendevo parlare di questa cosa qui ma bensì della sottoscrizione per il colonnello Garibaldi, di cui ti par~ lavo e che potrai ricercare benché ora sia inutile presso il figlio del banchiere Quartara.
Nelle lettere del 1847 del poeta Lorenzo Costa si trovano notizie interessanti, o motivi elie documentano l'atmosfera psicologica italiana, nella quale Pio IX. le riforme e il sempre più franco linguaggio politico rappresentano le indispensabili parole-guida. Da Beverino, il 14 maggio, il Costa scriveva al Celesia: Mi pare che l'ardore italiano punto non si rallenti, e che le cose vadano innanzi benché attraversate da' tristi. L'esempio di Pio IX comincia a prolificare e uno dopo l'altro s'acconcieranno i principi a fare spontaneamente ciò che alla fine sarebbe loro cavato per forza. Della nostra questione tedesca non mi parlaste affatto, siamo noi in istato quo o slam retrocessi ? Qui sta il busilli; finché abbiamo sul capo U bastone d'Arminio non otterremo nulla di veramente durabile. Informando l'amico sui fatti di Toscana e sulla questione della Lunigiana1') che
'J L18 giugno 1847, il Costa informava il Ceiosia intorno agli avvenimenti di Toscana, affermando che il granduca non riscuoteva più uè amore nò rispetto, che a Livorno erano state abbattute le insegne granducali e innalzato le pontificio. Riferiva intorno allo dimostrazioni pisane di studenti e professori e ricordava che a Grosseto il granduca ora stato fischiato, e sulla impossibilita che questi aveva di chiamare i tedeschi perchè in tal caso la Francia si sarebbe impadronita di Livorno. Il 26 settembre dava notìzie sui fatti avvenuti in Sarzanfl. Esprimeva il proprio timore per una improvvisa occupazione austriaca della Toscana. A Massa e Carrara erano già stanziate truppe austriache! la Toscana aveva rafforzato la sua guarnigione a Piotrasonta e dato l'ordine di respingere ogni eventuale attacco. Era intenzione del granduca di sciogliere la guardia civica. Non restava che riporre ogni speranza in Pio IX, purché fosse sostenuto rial Piemonte e da Napoli.