Rassegna storica del Risorgimento

BALBI SENAREGA FRANCESCO CARTE; BIBLIOTECA UNIVERSITARIA DI GEN
anno <1965>   pagina <604>
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Emilio Costa
Giulio Rezasco informava il Celesia intorno agli affari di Toscana e di Luni-giana*) nel 1847 e nel 1848, e nelle sue lettere, anche riferendosi a fatti parti­colari, egli torna costantemente al tema-chiave dell'indipendenza e dell'unione. Racchiude particolare significato una lettera del Rezasco in cui disapprova l'emendamento recato dal ministro Vincenzo Ricci in ordine alla legge di fu­sione del Piemonte con la Lombardia. Nella diffusa polemica politicogiornali­stica di quei giorni- in cui contrastavano forze conservatrici-municip alisti che e democratico-unitarie, il Rezasco, confidando al Celesia le motivazioni più aperte della sua fede nell'Italia, esprimeva, con serena eloquenza, il desiderio di sacrificare ogni particolare ambizione alle necessità supreme della patria. H 26 giugno 1848, da Rocchetta, scriveva: Dalla tua lettera e dai giornali odo le notizie di costi. Da qualunque lato ravviso la questione,, non so menar buono Ve-mend(anento del Rica, sia pure legale: ma grande legalità è il fabbricare un gran corpo politico che ponga in saldo la libertà e l'indipendenza d'Italia; e questo corpo senza la Lombardia è nullo; e quando Milano poteva promulgar la repubblica e noi fece, Milano e degno di condiscendenza, meritò della patria, non che, del Ricci. Il tempo e l'esperienza appianerebbero da sé Vesorbitanze. Per altro la repubblica
stia dopo l'insurrezione di Genova del 1849]. Parla di Niccolò Accame, che si trova in tristissime condizioni; esorta i Genovesi a fare qualcosa per lui che soffre da sette anni l'esilio e la povertà, soltanto perchè ha desiderato il bene della patria. Il contegno dei Genovesi verso gli esnli non è tale da incoraggiare il governo a concedere l'amnistia. L'in­tento degli Italiani deve essere l'unità nazionale d'Italia, e per ottenerla si deve fidare nelle proprie forze, non nelle simpatie degli stranieri.
') Riferendosi ai fatti di Parma del 16 giugno 1847, scriveva da Spezia il 18 luglio di quello stesso anno: Per altro debbo certificarvi, e con dolore immenso, che le codardie di Parma non si operarono da milizie forestiere, ma da italiane... Tutto fecero i gendarmi par­migiani. Essi scombescìarono a colpi di sciabola i cittadini inermi ed innocenti, essi fecero sconciarle una gentildonna che andava a diporto per la via San Michele e gli ufficiali che li capitavano furono cresciuti di grado. Queste sono le glorie italiane de1 nostri tempi: tanto gradite quanto sono già state ripetute a Siena ed a Lucca. Possiamo dire che il sentimento del giusto e del forte sia quasi spento in Italia? Io noi dirò: ben dico che i posteri ci diranno vili e feroci insiememente. Il 12 settembre 1847 da Sarzana riferisce intorno all'entusiasmo popolare per Pio IX: Pur qui (non intendo nell'Estense) tutto è fuoco e bollore: a Sarzana ed a Pontremoli fu festeggiato l'annuale del perdono, e là, come alla Spezia cantano per le vie inni ed applausi al Perdonatore, anzi a Pontremoli il di 8 erano appiccate bandiere pa pali in ogni lato, fregiati gli uomini. Il 29 settembre 1847 da Sarzana, fornisce al Celesia la versione esatta circa l'invio di un battaglione dì soldati in quella città, esaltando il contegno che i Sarzancsi seppero serbare in tale occasione. Il popolo italiano non vuole ribellarsi egli afferma ma stringersi con amore e fiducia ai principi. L'esempio in contrario di Napoli dice poco4, si affligge per la condanna di Mariano d'Ayala. Dà altre notizie, tra le quali quella della lega doganale tra il papa, Piemonte, Lucca e Toscana, e di un congresso a Parigi per le cose italiane. Il 16 ottobre 1847, da Borghetto, dà notizie intorno al ducato di Lucca, ceduto da Carlo Lodovico a Leopoldo II. Pare che il terri­torio di Pontremoli debba essere unito al ducato di Parma e che fino olla morte dì Maria Luisa debba tenerlo Carlo Lodovico con una provvisione di centomila piastre. I Pontre-molesi, condotti dal vescovo e dal gonfaloniere sono corsi tutti a Firenze per scongiurare questo turpe mercato e forse vi riusciranno. Non cosi Fivizzano e Bugnone, destinati per il trattato di Vienna al ducato di Modena. Il 30 ottobre 1847, da Spezia, informa che la cessione della Lonigiona pare che sia inevitabile, per Fivizzano, e non per Pontremoli, che il granduca riscatterà in un modo o nell'altro.