Rassegna storica del Risorgimento

BALBI SENAREGA FRANCESCO CARTE; BIBLIOTECA UNIVERSITARIA DI GEN
anno <1965>   pagina <605>
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Le Carte di Emanuele Celesta 605
non è rimedio alla malattia del Ricci, ma chi ben nota, raggrava. Quante repubbliche in Italia ? Sette, dieci, forse quante città o casolari. E die sarebbe d'Italia ? Oh, poniamoci in cuore il bisogno che Italia sia ! L'Italia senza nazionalità è cosa metafisica; la nazionalità senza unità è l'ombra senza il corpo', la libertà senza nazionalità è brillamento che vola: glandi risulta che il raccogliere in uno le sparse membra d'Italia, è il bisogno supremo. Raccogliamo queste membra, donde viene la forza, e dalla forza Vindipendenza; sacrifichiamo tutto al bisogno supremo: poscia penseremo al resto, e l'Italia sarà. Io la penso a questo modo. Le costanti etico patriottiche del Rczaaco si manifestano in ampia misura in una lettera nobilis­sima, scritta appena dopo l'armistizio Salasco, nella cruale si fondono la forza morale e il dolore della sventura, la consapevolezza del presente e la fede nel­l'avvenire, l'ardore dell'apostolo e la riflessione del pensatore. È un documento che basta da solo a definire l'uomo e il patriota:
Caro Celesta B or ghetto, 16 agosto 1848.
Ti ringrazio detta tua lettera, la quale mi avrebbe straziato V'animo, se non che la diversità delle relazioni che sono in volta, molte delle quali scritte da persone auto­revoli come a ragione d'esempio quella del Bianchi-Giovini : quella varietà mi ritiene da un giudizio definitivo. Oltreché è fatale alla mia natura di non credere gli eccessi dell'iniquità leggermente. Però m'hai fatto servigio di pormi in guardia, ed ora attendo la stipulazione della pace per isguainare la sentenza.
Oh, caro Celesia ! sei di così poca fede ? La causa de* popoli non perisce mai: trova sinistri, traversie, iniquità a vincere di tempi e d'uomini: ma se i popoli vo­gliono, panno, ed ora dobbiamo fiammeggiare di fede, perchè ne* pericoli, nelle avventure, siccome apprezzi fumico, così pare e scintilla la virtù del cittadino. L'Italia vivrà ! Questo è il mio grido che non mi soffocherebbe in gola sia lo statista più dotto, sia il carnefice più crudele. Fede, speranza, carità scrivano nel loro petto gf Italiani; e vinceranno la posta. Intendo bene che non si nudrisca nò parli di municipalismo. Se noi riavremo i genovesi contro i piemontesi, questi contro i lombardi, o se meneremo buone le bizze loro, che faremo, o mio caro ? Noi porremo il suggello atte nefandezze austriache e gesuitiche, fiaccheremo le ossa, taglieremo i nervi, passeremo il cuore a quella madre veneranda che pure aspettava da noi d'es­sere purgata dalle iniquità straniere; la condurremo invece in nuove catene. Qualche popolo italiano sente troppo di so, non è troppo saggio: dovremo rissare col fratello per contristare la madre ? Ah, troppo piange la desolata l Abbracciamola, quan­tunque il torto sia suo: questa la vittoria de' forti. Si dica per tutta Italia pace, pace, pace; ma guerra a morte col barbaro. Clio senza la pace interna, quella guerra è impossibile; e noi abbiamo bisogno d'indipendenza più che di libertà. Vedi, dun­que, se potrai plaudire a' Milanesi ove rifiutassero l'unione loro al Piemonte, e preferissero agi1 Italiani gli Austriaci. Non perderebbero tutto il vanto delle famose giornate ? E quando pur fosse vero il tradimento, non è una felicità che si strappino quattro e più milioni d'Italiani dalle branche tedesche ? Non se ne vantaggia il decoro comune e la speranza del compiuto riscatto ? I Milanesi sono buoni e cre­deranno con me.
Però voi fate assai bene a gridar guerra; sì, guerra a morte. L'armistizio ò infame, l'armistizio è nullo. Vendichiamo fonare italiano, laviamolo col sangue; spetta a' Genovesi il movere questa nuova crociata, ai discendenti degli eroi del *46,
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