Rassegna storica del Risorgimento
BALBI SENAREGA FRANCESCO CARTE; BIBLIOTECA UNIVERSITARIA DI GEN
anno
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1965
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pagina
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608
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fiO8 Libri e periodici
qualche osservazione, sia per l'argomento trattato, specialmente nel secondo, il rapporto costituzionalismo-assolutismo attorno al quale si svolse tutto il pensiero politico siciliano sino alla prima metà dell'Ottocento, sia perchè, come tutti i libri del Tomcucci, anche questi appaiono ricchi di spunti e di problemi per cui la discussione intorno ad essi non può mai ritenersi conclusa.
Il Tomeucci in Genesi del conflitto, ecc., prende le mosse dal 1734, anno dell'avvento sul trono di Sicilia di Carlo III e della dinastia dei Borboni, nonché della ricostituzione sotto quest'ultima dinastia, dell'unità dell'antico regno meridionale, spezzatasi quattro secoli e mezzo prima con insurrezione del Vespro. Ma sin dalle prime battute di questa nuova esperienza unitaria meridionale, rileva il Tomeucci, non tardò ad affiorare in superficie quel conflitto, conseguenza dei criteri di governo adottati dalla corte napoletana anche oltre il Faro e improntati a quell'assolutismo illuminato che trionfava allora in Europa, e che raggiunse i punti dì sua maggior tensione durante il viceregno del Caracciolo e nel eorso della seconda fuga a Palermo della famiglia reale Per la particolare struttura politico-sociale della Sicilia, questo nuovo sistema di governo non poteva non incontrare nell'isola che resistenze e contrasti, e ciò, a nostro parere, non perchè, come afferma il Tomeucci (pag. 94), la cultura politica siciliana fosse in anticipo di un trentennio su quella continentale, ma al contrario perchè essa, ancora nel XV11I secolo, era rimasta ancorata a schemi sostanzialmente medioevali e pertanto la classe dominante, la baronale, non poteva non vedere nella riafTcrmazionc dell'autorità dello Stato che un attentato al suo smisurato potere economico, politico e sociale.
A -nostro avviso, il Tomeucci nel passare al vaglio gli ottanta e più anni di lotte politiche che vanno dall'esordio della nuova dinastia sino alla conclusione del primo esperimento costituzionale siciliano (1816), non è riuscito a Liberarsi di alcuni miti , elaborati dalla cultura politica siciliana tra la fine del Settecento e il primo ventennio dello Ottocento sotto l'impulso delle lotte politiche del tempo, ma che oggi a centocinquanta anni di distanza, non possono che essere riguardati come tali, come delle idee-forza, cioè, che sostenevano l'azione politica di quelle classi dirigenti, ma dietro alle quali stava una realtà storica ben diversa e che oggi è possibile sviscerare. Bisogna tuttavia riconoscere che il Tomeucci scrivendo questo suo libro, nel 1947, come del resto la Storia della Sicilia ed // tramonto della nazione siciliana, era sotto la suggestione della reviviscenza di questi miti. operata dalla storiografia separatistica di questo secondo dopoguerra, e primo fra tutti del mito della nazione siciliana e di un nazionalismo isolano preesistente al moto unitario e risorgimentale italiano, anzi da questo fagocitato e soffocato per mezzo degli intrighi della politica cavonriana e delle armi piemontesi. Non potremo in questa sede addentrarci in nna polemica ormai conclusa irrevocabilmente da oltre un quindicennio con lo smantellamento delle argomentazioni neoseparatiatiche da parte della più accorta storiografia italiana di tutte le tendenze (basterà ricordare TI Risorgimento in Sicilia- del Romeo ed il caustico e vivace pamphlet del Caristia La Sicilia di oggi e di ieri, del 1944); dovremo perciò limitarci a sottolineare i riflessi che questa storiografia ha impresso nei libri del Tomeucci di cm ci stiamo occupando.
Innanzi tutto, il culto della nazione sicillana che affiora in ogni pagina del libro del Tomeucci. A questo proposito egli afferma ohe lo spirito di sicilianità nei primi anni del XIX secolo era diffuso in ogni ceto, asserzione che non si può formulare per quello italiano della stessa epoca (pag. 94). Se noi però scandagliassimo un po' più in profondità in questo concetto di nazione, posseduto dalla cultura politica siciliana tra il Sette e l'Ottocento, ci accorgeremmo che, a I.('incirca sino al 1837, esso aveva ben poco in comune con quell'idea di nazione che permeò di aè tutto il pensiero politico dell'età del Romanticismo, essendo quest'ultimo un sentimento, una volontà ricca di pathos religioso, come ha messo in rilievo lo Chabod, rimanendo invece il primo un concetto di natura giuridica strettamente legato ai privilegi ed alle prerogative di cui godeva il regno di Sicilia. Da questi brevi accenni d'un problema per la verità assai più complesso, apparo chiaro che quello spirito di sicilianità , rilevato dal Tomeucci, nulla aveva da spartire con quella coscienza d'appartenere ad un'unica nazione ohe di H a qualche decennio accomunerà i