Rassegna storica del Risorgimento
BALBI SENAREGA FRANCESCO CARTE; BIBLIOTECA UNIVERSITARIA DI GEN
anno
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1965
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pagina
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621
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Libri e periodici 621
menti nelle campagne lombardo nei mesi dal giugno all'agosto è apparentemente contraddittorio e dà luogo ad atteggiamenti contadini opposti tra loro. Da una parte si hanno episodi di ostilità alla guerra e di resistenza alla leva, dall'altra in numerosi casi i contadini dimostrano di essere risoluti a lottare contro l'Austria. Ma la contraddizione si risolve quando si riconduce la varia reazione contadina ai fatti successivi al maggio alla sua causa prevalente, l'odio contro i signori. Quest'odio esprime una posizione di classe negativa e non positiva, non è ancora coscienza di classe, ma ne costituisce purtuttavia il primo barlume. I contadini cioè, nell'espressione di questo loro sentimento elementare, dispersi come sono e privi di direzione, hanno reazioni varie ed anche opposte, ma quando si riporta la varietà dei loro atteggiamenti a quella radice unitaria che si è detto, la contraddizione trova la sua spiegazione . Dove perà non è del tutto chiaro in quale modo anche la ferma determinazione dei contadini di lottare contro l'Austria, nei casi in cui effettivamente continuò a manifestarsi, fosse riconducibile, non meno dell'ostilità alla guerra e degli episodi di resistenza alla leva, all'odio contro i signori. Forse che alla base di tale atteggiamento non vi erano pure altri fattori emotivi, diversi dall'odio di classe, cosi chiaramente individuabile, invece, nei vari esempi di entusiasmo per il ritorno degli Austriaci di Radetsky?
Le conclusioni cui perviene alla fine Della Peruta, sono a questo punto abbastanza prevedibili. Il movimento per impulso spontaneo dei contadini lombardi nel '48 non trovò, nei quadri dirigenti delle correnti politiche e nei gruppi di intellettuali, chi se ne facesse interprete e, rendendo esplicite e coscienti le rivendicazioni elementari, le aspirazioni alla giustizia ed all'umanità che scuotevano le campagne, le ponesse, tradotte in termini programmatici, a base di un'azione che saldasse città e campagna, e l'impulso spontaneo trasformasse in volontà coerente e deliberata, facendo delle forze di popolo la leva della vittoria. Sarebbe stato questo il compito dei democratici. Ma pur essendosi concentrati a Milano, nel '48, i quadri migliori della democrazia italiana, la questione agraria, la questione dell'alleanza dei contadini con la rivoluzione non venne posta dai democratici . Ed egli termina il suo saggio lamentando oc l'immaturità e l'astrattezza dei democratici nel *48 lombardo, rivelatisi incapaci di suscitare e dirigere al successo le forze popolari e specie quelle contadine, ed accomunati quindi ai moderati nella responsabilità del fallimento della rivoluzione . Mi sembra però che Della Peruta finisca così con il dare l'impressione di rimproverare ai democratici italiani il fatto di non essorsi derisi ad adottare i mezzi necessari al raggiungimento di un fine... cui essi non miravano. Egli avrebbe ragione, se potesse dimostrare che nel '48 la mèta dei democratici fosse il successo della rivoluzione nazionale e liberale a qualsiasi prezzo anche a quello, se non addirittura di una vera e propria rivoluzione sociale, per lo meno di un rinnovamento profondo delle esìstenti strutture economicosociali, del vigente equilibrio fra le classi, dello stesso regime della proprietà. Ora, è molto dubbio che essi fossero risoluti a tanto. Si potrà deprecare, se si vuole, che i democratici italiani non fossero e non si decidessero ad essere dei rivoluzionari sociali; ma una volta constatato che non Io erano e non volevano esserlo, è per lo meno singolare ostinarsi a rimproverarli per non aver voluto assumere un atteggiamento, che avrebbe significato per loro correre il rischio di veder trionfare ciò ohe ad essi prò ripugnava.
Di carattere e metodologia analoghi è il saggio Aspetti sociali del *48 nel Mezzogiorno, mentre quello Un capitolo di storia del socialismo risorgimentale: Proudhon e Ferrari costituisce un. felice esempio di analisi dei rapporti intellettuali fra due pensatori politici. Di grandsStateresse è pure l'ampio studio su I democratici italiani, i democratici tedeschi e l'unità d'Italia (1859-1861)', come osserva giustamente Della Peruta, il 1859 fu un anno decisivo per la storia tedesca, non meno ohe per quella italiana; la guerra franco-piemontese contro l'Austria, che minacciava di allargarsi a conflagrazione generale, contribuì potentemente a ridestare in Germania le passioni e le energie politiche, mortificate da un decennio di reazione intorno alla questione dell'aiuto federale all'Austria furono dibattuti di nuovo i temi di fondo della storia tedesca dett'800; il dualismo austro-prussiano, la grande o pìccola Germanio, l'assetto confederale, l'egemonia . D'altra parte non va scordato che i