Rassegna storica del Risorgimento

BALBI SENAREGA FRANCESCO CARTE; BIBLIOTECA UNIVERSITARIA DI GEN
anno <1965>   pagina <623>
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Libri o periodici
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ebbe l'appoggio incondizionato di Cavour: di Denis Mack Smith (brani tratti da Cavour** Attitude to Garibaldi* Expedithn tu Sicily in The Cambridge Hiswrical Journal,, voi. IX (1949) e da Cavour and Garibaldi 1860, A Study in Politicai Canjiict, Cambridge, 1954) per il quale la spedizione garibaldina fu invece aspramente ostacolata dal governo torinese; e di Ettore Passeri n d'Entrevès (L'ultima battaglia politica di Cavour. I problemi dell'unifica­zione italiana, Torino, 1956), il quale, pur tenendo conto della tesi di Mack Smith, esprime un giudizio sostanzialmente positivo sull'atteggiamento di Cavour e del governo torinese nei riguardi della spedizione garibaldina. La quarta sezione si1 occupa del modo legale con cui l'Italia eentrale e meridionale furono annesse al Piemonte: perché fa scelto il plebiscito anziché le assemblee costituenti e quali conseguenze derivarono dall'uso del primo. Si espongono al riguardo varie tesi: quella di George Macaulay Trcvelyan (Garibaldi and the Making of Italy: June-Nouem ber 1860, London, 1919), per il quale lo strumento ple­biscitario - data la situazione politico-sociale delle provincie meridionali era l'unico possibile, anche se non necessariamente il migliore; quella di Mack Smith, per il quale il governo di Torino, tramite il plebiscito, ottenne un successo molto limitato e parziale perché la tensione e i contrasti tra le regioni settentrionali e quelle meridionali aumenta reno e non diminuirono dopo l'annessione; quella di Seamau, il quale ritiene che, poiché l'Italia centrale e meridionale non erano pronte per l'unificazione, i plebisciti furono soltanto una specie di Te Deum di ringraziamento per la fine della situazione incerta e provvisoria ebe essi decretavano; qneha infine di Salvatorelli, i! quale all'erma che solo dopo l'annessione, pure se avvenuta con metodi e mezzi in parte opinabili, le masse po­polari poterono inserirsi nella vita politica e sociale del nuovo Stato,
Uno dei tanti problemi inerenti alla formazione dello Stato unitario fa quello di cercare un compromesso tra il nuovo Stato italiano e quello pontificio, tra i principi del liberalismo su cui tale Stato era nato e i tradizionali orientamenti della Chiesa tendenti a conservare il potere temporale accanto a quello spirituale. I negoziati intrapresi da Cavour al riguardo non ebbero esito positivo perché ostacolati soprattutto dalla corte papale dominata dai gesuiti, come sostiene Thayer (opera sopra citata) o piuttosto per­ché nonostante i buoni propositi di Cavour, essi riflettevano una politica inadeguata e inaccettabile in quel momento da Pio IX, come afferma invece Edward E. Yales (di cui si espone un brano tratto da Pio Nono, A study in European Politics and Religion in the Nineteenth Century, New York, 1954)?
L'ultima sezione dell'antologia intende dare una specie di sguardo retrospettivo globale alla conclusione del moto risorgimentale. Deve essere considerata il vero capola­voro del nazionalismo liberale come dice Benedetto Croce (di coi si è inserito un brano tratto da Storia. d'Europa nel secolo XIX, Bari, 1932), o invece un fatto che rivelò i limiti, le deficienze, le angustie del ceto dirigente moderato, come sostiene Raymond Grew (di cui si riproduce l'interessante articolo How success spoiled the Risorgimento pubblicato in The Journal of Modem Hislory, voi. XXXIV, 1962)? E ci si può anche chiedere se l'Italia postunitaria avrebbe avnto uno sviluppo piò liberale e democratico qualora, negli anni dell'unificazione, si fosse attuata una profonda rivoluzione agraria come afferma Antonio Gramsci (di cui si offrono alcuni brani tratti da // Risorgimento, Torino, 1949); o se invece una vera rivoluzione agraria non fosse in quel momento né possìbile, né auspicabile, dato il processo di accumulazione capitalistica che l'Italia doveva avere per diventare una na­zione moderna e al passo con quelle europee, come sostiene in polemica con Gramsci Rosario Romeo (di cui si riportano brani del volume II Risorgimento e capitalismo, Bari, 195.
Ci siamo limitati ad una schematica esposizione dei vari autori inseriti nell'antologia perché gli specialisti di storia del Risorgimento conoscono già tali opinioni e il posto che esse hanno nell'ambito atoriogrufico. L'aver presente accanto ad interpretazioni re­centi quelle meno recenti, alcune delle quali divenute classiche, è sempre necessario per chi intraprende una ricerca specifica; porle, però, in un'opera antologica di questo tipo. Fona accanto all'ultra giunca considerarle tutte ancora ugualmente valide e stimolataci di successive indagini o, quanto meno, indurre il lettore a pensare ohe, per il fatto stesso