Rassegna storica del Risorgimento

AZEGLIO MASSIMO TAPPARELLI D'
anno <1966>   pagina <4>
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Gin vanii i Spadolini
Nemico giurato di Mazzini e della sua filosofìa profetica e messianica, insensibile all'accento religioso ed ecumenico dell'apostolo italiano, s'in­carica di una missione speciale nella regione più mazziniana d'Italia, la Romagna, e proprio per la Romagna tenta di delincare un programma di riformismo liberale che servirà a giustificare le illusioni di Pio IX e sarà presto smentito dalla logica insuperabile del magistero cattolico. Senza essere neoguelfo, senza condividere le generose astrazioni di Gioberti, sarà responsabile del fallimento dell'esperimento cattolicoliberale assai più dello storico del Primato : proprio la sua prudenza, la sua moderazione, il suo equilibrio, la sua stessa natura di uomo d'ordine e di legalità da­ranno al costituzionalismo liberale del Papato una conferma di realismo e di concretezza che solo la severità della storia sconfesserà alla fine del '48.
Devoto alla dinastia, si apparterà dall'ultimo disperato sforzo di No­vara, che solo poteva riscattare l'opera di Carlo Alberto, permettendo tutte le fortune del futuro. Contrario all'indirizzo della politica sabauda dopo Novara, tiepido ed incerto sulla forza del costituzionalismo, scettico sulle possibilità di una democrazia parlamentare, sarà l'uomo destinato a salvare lo Statuto proprio con l'atto che più sembrava contraddirlo, cioè il proclama di Moncalieri. Avverso alle idee di unità e fedele alla tradizione monar­chica dell'espansione e della conquista, preparerà in realtà, nei tre anni di governo dal '49 al '52, tutte le basi della politica italiana e nazionale del Regno di Sardegna.
Cattolico nell'intimo della coscienza, convinto della necessità del potere temporale, conservatore per temperamento e per convinzione, mo­derato per istinto e per nascita, sarà il primo rappresentante della politica eversiva del Piemonte: e proprio a lui toccherà di impostare il celebre duello con la Chiesa, votando il passaggio delle leggi Siccardi. Poco convìnto delle possibilità di Cavour, dubitoso delle sue capacità politiche e di governo, dif­fidente della sua ambizione e del suo egocentrismo, ne creerà la fortuna poli­tica e lo designerà come successore , indicando cosi l'uomo del destino .
Più estremista dei rivoluzionari, ma più moderato dei conservatori, si spaventò di fronte alla politica annessionistica di Cavour e non condivise il piano unitario che sembrava trascurare le esigenze delle regioni e le tradi­zioni popolari per uniformarle a un modello astratto e di scarsa consistenza ideale. Ostile per natura a tutte le forme di garibaldinismo , sprezzante del generale improvvisato e delle sue schiere irregolari ed eterogenee, non comprese il senso della spedizione dei Mille e giudicò che l'annessione di Napoli, ottenuta in quel modo, fosse peggiore della sconfitta di Novara.
L'anticlericale, ohe non aveva esitato a sfidare le condanne e le rap­presaglie della Chiesa, non comprenderà neppure da lontano il significato della politica cavouriana tendente a Roma capitale (ch'egli giudicherà