Rassegna storica del Risorgimento
REPUBBLICA BATAVA 1795-1806; REPUBBLICA CISALPINA 1797-1799 --
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1966
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Carlo Ztihi
il poterò nello mani esclusive della borghesia che aveva fatto la rivoluzione e che attraverso essa intendeva conservarne le conquiste più sostanziose; per l'estrema sinistra, democratica e bahuvista, era troppo conservatrice e reazionaria, egualitaria nell'apparenza, ma fondamentalmente aristocratica nella sostanza, ed aveva il torto di aver abbandonato, col suffragio universale, i principi di democrazia sociale inseriti nella carta del "93 e di rigettare il popolo fuori dello Stato, ai margini della vita politica. Preso nelle spire dell'offensiva delle due estreme, irriducibilmente avverse tra di loro, ma concordi sulla necessità di limitare il più possibile l'autorità del potere esecutivo, e costretto a subire passivamente l'iniziativa legislativa dei Consigli e ad appoggiarsi di volta in volta su maggioranze fittizie e raccogliticce, il Direttorio aveva visto con apprensione alterarsi profondamente, attraverso le eiezioni dell'anno V, il carattere politico della maggioranza termidoriana, di cui era l'espressione, nonostante l'immissione dei deux tiers dei convenzionali del '95, e ne aveva tratto subito tutte le conseguenze. Di fronte ad un potere esecutivo fermo per tre anni nella sua composizione e irrigidito nelle sue prerogative e ad un Corpo Legislativo rinnovantcsi e modificantcsi più rapidamente dell'altro, il problema della violazione, o della riforma, della carta costituzionale diventava, nelle mani del Direttorio, un mezzo per la conservazione del potere e un modo per evitare conflitti sempre più gravi ed irreparabili tra i due poteri, sul cui esito finale non ci potevano essere dubbi. Su questo terreno era fatale che il Direttorio finisse per raccogliere e convogliare nel corso limaccioso e violento della sua marcia i consensi, le aspirazioni e la solidarietà delle forze più eterogenee e contrastanti, non legate sempre tra di loro da affinità di programmi o da identità d'interessi politici, discussi e concordati, ma unicamente dalla preoccupazione esclusiva di sbarrare la strada al comune nemico e di sopravvivere: rivoluzionari per necessità o per istinto, pronti a passar sopra a leggi e a principi pur di stare a galla e di non essere tagliati fuori dalla rappresentanza nazionale; democratici puri, paventanti da un lato la restaurazione monarchica ed economica e la dittatura giacobina, coi suoi principi egualitari e le sue rivendicazioni popolari, e reclamanti dall'altro un allargamento del margine repubblicano in Europa; intriganti ed affaristi senza scrupoli e senza ideali, anelanti a nuove conquiste, raccolti in blocco attorno al governo da cui traevano potere, legittimità e ricchezza; termidoriani inflessibili pei quali la repubblica borghese era qualcosa di sacro e non intendevano barattare il potere col tradimento e con un embrassonsnous generale; e democratici convinti che, pur avendo combattuto Robespierre e il governo rivoluzionario e cercato invano alla Convenzione di estendere la base democratica e liberale del governo, avevano subito il 9 Termidoro e visto incombere sulla Repubblica, con tendenze restauratrici e revisionistiche sempre più marcate, il pericolo reazionario e realista. Decisi a salvare con tutti i mezzi il principio della Repubblica e lo spìrito della Rivoluzione, questi ultimi preferivano una riduzione dello libertà politiche al ritorno offensivo della monarchia, anche se di una monarchia costituzionale, e consideravano l'offesa fatta alla costituzione un delitto meno irreparabile e fatale di quello della restaurazione e dalla vendetta dei nobili, degli emigrati e dei realisti. Impostata in questi termini, la violazione della costituzione diventava un fatto puramente contingenti e aveva agli occhi del Direttorio la sua giustificazione sul piano morale e politico. Il fine giustifica i mezzi. L'annullamento delle elezioni in numcrofìi dipartimenti, la deportazione