Rassegna storica del Risorgimento

REPUBBLICA BATAVA 1795-1806; REPUBBLICA CISALPINA 1797-1799 --
anno <1966>   pagina <17>
immagine non disponibile

Democrazia direttoriale e autoritarismo consolare 17
IL
Da un pezzo la costituzione dell'anno III aveva cessato d'essere agli occhi del governo qualcosa di sacro e d'intangibile. I conflitti continui con le assem­blee, gelose custodi delle loro prerogative, lo stato di soggezione in cui l'esecu­tivo si trovava di fronte al potere legislativo, senza diritto d'iniziativa, di veto e di appello, il sostanziale discredito ch'esprimevano le limitazioni e i controlli regolanti l'esercizio di un potere esercitato solo di nome e amareggiato nella pratica (particolarmente ostica era per il Direttorio la mancata ingerenza nella Tesoreria), la diffidenza con cui si spiavano e si seguivano i suoi passi e le pro­poste avanzate da più parti di ridurre ulteriormente le sue già limitate funzioni, avevano finito praticamente per ucciderla a poco a poco nella coscienza dei membri del Direttorio. È vero che alcune leggi votate il 15 novembre e il 12-15 dicembre 1795 e il 19 febbraio 1796 *) lo avevano autorizzato, in dispregio delle norme costituzionali, a nominare dei giudici tra due periodi elettorali (e ne aveva approfittato largamente) e gli avevano concesso il diritto di revisio­nare le liste elettorali, e quindi la possibilità di eliminare i suoi avversari; ma che rappresentavano mai queste concessioni di fronte all'obbiettivo supremo ed essenziale, cui tendevano tutti i suoi sforzi, d'influire sulla redazione delle leggi, di controllare le finanze e di non subire passivamente l'iniziativa degli altri poteri? Sotto questo aspetto il 18 Fruttidoro più che una violenza era stata una rivincita. Identificandosi la Repubblica nel Direttorio e sostituendosi l'ar­bitrio alla legge, è chiaro che la costituzione dell'anno III veniva a perdere ogni valore: diventava, cioè, qualcosa di astratto, di vuoto, tagliato fuori dal mondo e dalla realtà contingente, da regolare e da misurare non più sul metro dei bisogni del paese e dell'interesse dei cittadini e delle loro libertà, ma uni­camente sul metro dell'interesse particolare e personale d'una piccola cricca di despoti: in altre parole un mezzo puramente strumentale, valido per il raggiun­gimento di determinati obiettivi politici, o egemonici, o economici, da adope­rare con discrezione o meno a seconda dei casi. Così impostato era fatale che il problema della riforma, anche se inizialmente accantonato o respinto, do­vesse ripresentarsi successivamente, e a più riprese, all'attenzione del governo e nella prospettiva di schiarimenti politici diversi; com'era nella logica delle cose che ci fossero contrasti, anche marcati, tra i vari membri, sui limiti di essa e sui mezzi da impiegare e che alcuni, dapprima avversi a qualsiasi atten­tato , finissero in seguito per convertirsi, e viceversa; e ohe altri, inizialmente favorevoli, finissero per ricrederai, o per dissentire sul momento e sull'oppor­tunità della riforma, se non sul modo di condurre l'operazione. II più avverso di tutti, a leggere i suoi Mémoires sembra essere stato il La RevellièreLópeaux, e la cosa si spiega se si considera ohe nel '95 era stato uno dei membri della Commissione degli undici e tra i più accaniti sostenitori di essa; Lo afferma au-
ij j. GODECUOT* . institutlon* de la Fronte eoua lo Revolution et t'Empire, Paris* 1951, pp. 403,475.
3