Rassegna storica del Risorgimento

REPUBBLICA BATAVA 1795-1806; REPUBBLICA CISALPINA 1797-1799 --
anno <1966>   pagina <30>
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30 Carlo Zughi
tosto astratta e nominale, costruita sa misura, per una élite che dispone larga­mente dei mezzi per usarla e non intende spartirla con nessuna; una libertà, per dirla col Monta lonibert, aristocratica nella, sua essenza, intesa unicamente in difesa di determinati privilegi contro l'offensiva della democrazia, da un la­to, e lo snaturarsi della repubblica su posizioni reazionarie, dall'altro.
Che il sistema di Sieyès mirasse a perpetuare il potere dei brumeristi, così come i termidoriani avevano fatto coi convenzionali attraverso i famosi de­creti dei due terzi , era un fatto ormai nella logica delle cose. La costituzio­ne studiata da Sieyès per la Francia va, però, ancora più oltre nelle sue estreme conseguenze. Se la carta dell'anno HI aveva ucciso la democrazia sociale, il progetto di Sieyès, rinnegando il principio del governo rappresentativo, volge addirittura le spalle al sistema di democrazia diretta e al regime repubblicano, e innalzandosi al di sopra della monarchia ereditaria marcia ormai a vele spie­gate Verso una forma di monarchia elettiva, o costituzionale, la quale anche se spoglia d'ogni attributo divino, non poteva non riecheggiare VAncien regime, L'idea d'un grande elettore, pur frenato e controllato dal Senato e dotato di poteri limitati, evoca fantasmi, suggerisce confronti e combinazioni ch'era be­ne non ricordare o stimolare. H principio dell'assorbimento, dal canto suo, qualunque sia la sua finalità e quantunque tenda ad evitare gl'inconvenienti dell'ostracismo antico, ricordava troppo da vicino i sistemi recenti della pro­scrizione praticata su larga scala per essere accetto, e il Senato onnipotente io strapotere del Comitato di Salute Pubblica per non allarmare. Ce n'era abba­stanza per suscitare le ire e le apprensioni di quanti (repubblicani, democra­tici, giacobini, radicali, liberali) paventavano il ritorno al passato e considera­vano sacra e inalienabile la conquista del principio della divisione dei poteri. Teso fino allo spasimo nello sforzo di conciliare i rapporti tra Stato e cittadino, tra autorità e libertà, Sieyès non trova di meglio che frantumare il potere tra una infinità d'istituti, intellettualisticamente intesi, che finiscono in pratica per paralizzarsi a vicenda; ma nella preoccupazione eostante di assicurare stabilmente ai notabili il monopolio del potere amministrativo e politico, non s'accorge di ridurre il sistema rappresentativo ad una farsa, o ad una entità puramente astratta o teorica, e di aprire un varco, attraverso le maglie delle sue astratte combinazioni, alle più spericolate avventure. Spirito metafisico, aveva previsto tutti i pericoli che potevano minacciare la sua costruzione da destra e da sinistra, di dentro e da fuori, e aveva escogitato una complicata macchina costituzionale per sbarrargli il passo, ma non aveva previsto né l'arro­ganza d'un generale, né l'acquiescenza dei colleghi, né la sua stessa debolezza. È appunto da questo incontro ohe nascerà il cesarismo e Sieyès lo accetterà supinamente, adagiandosi nel fasto barocco del Consolato e dell'Impero dopo averne preparato inconsapevolmente l'avvento.
Nel 1798, come nel 1799, Sieyès cerca una spada per il conseguimento dei suoi obiettivi; solo il prezzo da pagare è cambiato. Se nel '99, dopo la scom­parsa di Joubert dalla scena politica e militare, il reduce dall'Egitto gli appare come l'unico uomo capace di garantirgli il successo e il più civile di tutti i generali a portata di mano (Morcau, Macdonald e Bcurnonville) ed è pronto a concedergli, in cambio del suo aiuto, la parte meno sostanziosa, è vero, ma più appariscente del potere (il grande elettore sembra infatti costruito su mi­sura per lui), quella che Bonaparte chiamerà sprezzantemente codion à l'en-