Rassegna storica del Risorgimento

BOVIO GENNARO; MAZZINIANESIMO
anno <1966>   pagina <61>
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s'impone come fine, ìu politica spesso è mezzo opportuno, utile, conducente al fine.
A questo punto il Bovio scende a denunziare quello che gli sembra il male pia profondo dalla democrazia italiana. Si grida sempre: Iniziativa, e ciascuno la concepisce e propone a modo suo. Avuta per buona fortuna, silenzio o loqua­cità, inerzia sempre. Noi siamo come il bravaccio, che sfida il pericolo quand'è lontano o non sospettato, sopravvenuto, o resta trepidante o volta le spalle. Ma e iniziativa errata, cominciamento sbagliato, programma spropositato. Sia quel che si voglia, ma sarà sempre virtù e pregio dell'ordine... Quell'è iniziativa sin­cera? sì perchè repubblicana fuori dubbio. Che più per ora? V'è accordo, sul principio, v'è identità di causa, di fine, di fede, d'interesse. Si operi, si corra all'opera, si assicuri il trionfo e l'esistenza del principio, la fondazione anche in germe della libertà. Il resto verrà da sé, verrà tanto più spontaneo e quindi più efficace, quanto meno alterato e guasto da sforzi precedenti. La rivoluzione non dobbiamo volere da tiranni, ma da liberi uomini. Tiranni saremmo, se nulla volessimo lasciare di proprio alla rivoluzione stessa, e tutta la volessimo schiava ai nostri preconcetti. Alla rivoluzione non dobbiamo accostarci con statuti, co­dici, procedura, regolamenti e organici redatti articolo por articolo, perchè allora tatto la rivoluzione ci straccerebbe sul viso, non vi essendo stato mai alcuna cosa comune tra il pedante e il genio della rivoluzione .
Io non pretendo che l'iniziativa di Parigi sia da giustificar tutta, e lodare molto il suo programma, non pretendo nemmeno esaminarlo per ora, dico che quell'iniziativa è eincera, generosa, nobile, perchè repubblicana; dico ch'essa mi pare molto naturale, semplice, modesta e grande a un tempo. Naturale perchè obbligata dall'ignoranza turbolenta dell'Assemblea rurale, il cui capo non so­spettò che scrivendo un giorno: non havvi individuo più malefico e crudele del­l'uomo privo di lumi e di educazione vestito di fresco d'una autorità, egli avrebbe scritto appunto per la sua Assemblea. Semplice perchè fatto in nome proprio, non presuntuoso e assoluto, non s'imponendo a nome della Francia alla Francia, ma in maniera d'imitazione e d'incitazione. Modesto perchè appunto semplice e naturale e d'una forma comunale, che non è egoismo, ma modestia e primo esempio di libertà nel voler libertà grande in fine, perchè oramai mostrasi d'es­sersi capito una volta, che anche la repubblica non è fine a se stessa, ma mezzo di civiltà, e che repubblica non potrà mai fondarsi al mondo senza la totale di­struzione dell'Aristocrazia. Di quindi le forme più ampie e universali di questa insurrezione tutta locale, e di quindi quell'eco financo in Inghilterra, che sem­brava la Cina della Rivoluzione, ed ora pare dischiudersi all'azione repubblicana, appunto per aver saputo questo indovinare e dirigersi al vero segno. Se il pro­gramma insurrezionale di Parigi sia un errore, a me non pareva scelto bene il momento per giudicarlo ed esaminarlo da ogni parte e in tutte le sue possibili e remote conseguenze; pareva piuttosto non dover restare peritanti nella scelta tra l'Assemblea di Versaglia ed il Comune di Parigi; tra il pericolo d'un preci pizie, d'una reazione, d'una restaurazione, e la speranza d'un rinascimento, tra il furore e la dissennatezza del vecchio e la necessità e ragionevolezza del nuovo. Un errore, un male? e eia pure; ma sempre inferiore all'errore e al male della monarchia e della reazione. Ma perchè tra il perfetto e il buono, tra il maggior e il minor danno non debb'essere alcuna scelta per noi? Ma già se quest'errore si accogliesse dall'intiera nazione e mantenesse fermo, e allora dubiterei forte ohe sarebbe più errore, e quando fosse sarebbe sanato e giustificato. So poi non pò-