Rassegna storica del Risorgimento

BOVIO GENNARO; MAZZINIANESIMO
anno <1966>   pagina <63>
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Gennaro Bovio e la crisi del mazsinianesimo dopo là Comune 63
spontanea, naturale, di necessità, riponendosi in essa la salvezza della libertà e dell'onore d'un popolo, sarebbe d'alta considerazione e d'immensa utilità, e si dovrebbe in tutti i modi sostenerla e aiutarla. La seconda cosa è mezzo neces­sario alla prima, cioè quello ohe con propria saggezza pràtica Garibaldi consigliava ultimamente all'insurrezione, di Parigi, la Dittatura. La Dittatura è mezzo po­tente ed efficace per far riuscire una rivoluzione: essa evita le discussioni, il peri­colo della divisione, e dei partiti ira quelli medesimi che insorgono, e quindi la confusione e la debolezza; essa sintetizza il pensiero e l'azione, e per far trionfare una rivoluzione bisogna sintetizzare, concentrare il più che si possa. La Dittatura e il genio, la potenza, l'estro della rivoluzione... So di aver molti contrari intorno a questo creduto il maggior pericolo della rivoluzione stessa, ma esaminando la cosa con minor prevenzione di paura (e qual paura se Dittatore per esempio Garibaldi o Mazzini? 1) e con maggior senno pratico, io trovo di preferir sempre il pericolo d'ima Dittatura all'anarchia delle Assemblee.
Concludendo, Bovio conferma la pienezza dell'amore verso i fratelli di fede, dai quali nessuna varietà ed opposizione di idee potrà mai dividerlo. Egli ha par­lato solo perchè vede che l'apostolato repubblicano, cosi com'è, non condurrà mai a risultati utili, che la triste esperienza dei piccoli tentativi ha reso i repub­blicani italiani come stanchi inoperosi o timidi innanzi alle generose, opportune, audaci iniziative, e che infine c'è anche il pericolo di una funesta scissione tra coloro che vogliono operare e quelli che vogliono riflettere, fra i dottrinari e gli uomini d'azione. Bisogna convincersi ohe l'apostolato si deve distinguere in poli' tico e scientifico: gli apostoli del pensiero appartengono alla civiltà, al progresso eterno, si chiamano filosofi ed hanno per loro programma Scienza e Civiltà; invece gli apostoli politici devono rendere gli animi pronti e disposti o a fare o a seguire ima vera iniziativa. Apostoli della libertà e dell'azione, in qualunque tempo ed in qualunque luogo non possono avere che un medesimo programma, compen­diato nelle parole Fede ed Azione.
Anche se in Via smarrita Mazzini non è nominato che una sola volta e con tono di stima a proposito della dittatura, l'attacco è evidentemente rivolto a Ini. Bovio non mette in discussione la validità del suo insegnamento, ma confina il Maestro nel limbo degli educatori, negandogli le qualità dell'uomo d'azione. Al momento dell'azione Mazzini dovrebbe mettersi in disparte: il suo errore consiste nel volere usurpare un ruolo di guida politica che non gli compete. La posizione di Bovio è quella di tanti accesi democratici che non hanno idee precise sui fini della rivoluzione e sono restii a scendere sul terreno della polemica ideologica, ma, scontenti della situazione italiana, propugnano la tesi dell'azione per l'azione, con una superficiale visione dei problemi politici per cui tenteranno spesso l'al­leanza momentanea e strumentale tra le varie frazioni della democrazia. È una posizione debole, che riceve una certa forza solo dal nome prestigioso di Gari­baldi, sempre pronto ad avallare tutti i movimenti genericamente progressisti ed a promuovere intese di breve durata. Sia Mazzini, sia gli internazionalisti, avendo un sistema di idee ed una chiara visione del mondo che sperano di co­struire con la rivoluzione, avvertono 1'imposBÌbiIità di un accordo; agli altri questa impossibilità non appare evidente. Bovio in verità non affrontai! problema, ma neppure lo elude; la discussione sui programmi, egli dice in sostanza, con parziale modifica di quanto aveva affermato nel '69, ò utile quando la rivoluzione è lon­tana; se essa scoppia ed è genericamente repubblicana, bisogna secondarla, salvo ad imprimerle una migliore direzione al momento opportuno. Mazzini potrebbe