Rassegna storica del Risorgimento
BOVIO GENNARO; MAZZINIANESIMO
anno
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1966
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pagina
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69
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Gennaro Bovio e la crisi del mazsinianesimo dopo la Comune 69
solo di storia, di polìtica, di educazione, di preparazione; parlategli di fatti, incitatelo con l'esempio, e vi seguirà come un torrente. Anche in momenti di transizione come l'attuale, non bisogna predicare l'astensione, che eoa conduce a nulla; pensiero e azione devono procedere simultaneamente, afferma Bovio, ritorcendo contro Mazzini la sua atessa formula, e c'è sempre qualcosa da operare, specialmente ora che le forme costituzionali permettono una certa elasticità d'azione a governi e popoli. Hanno torto quindi coloro che vorrebbero d'un tratto cambiare il mondo e negano la legge del progresso.
D'altra parte non si può pretendere che un vecchio patriota si adegui alle nuove circostanze: è evidente che nessuno nella vecchiezza muta il suo pensiero, cosi come è evidente che un uomo non può da solo raggiungere la verità. Perciò senza presumere e volere quasi per forza che altri disdica, ritratti o rimpasti un proprio sistema frutto d'un lungo ed elaborato convincimento, a modo nostro, diamogli quell'importanza che possa e debba avere nel cammino storico del pensiero e dei fatti, e andiamo oltre nella via rischiarata dalla fiaccola di altre nuove verità. Se poi qualcuno non vorrà accettare la critica, non bisognerà badargli, perchè la scienza non prenderà mai in serio l'assolutismo dell'idee e l'esclusivismo d'un sistema, oltre di cui passa senza nemmeno accorgersene. Cosi Mazzini è considerato un sorpassato. In Via smarrita è stato giudicato un apostolo, più che un uomo politico; in Una difesa dopo la morte è stato accusato di essere troppo legato al suo sistema di idee; ora è messo tra i vecchi patrioti, degni di venerazione, ma superati dai tempi.
L'intransigenza di Mazzini ha provocato l'irrigidimento dei suoi critici; tuttavia Bovio non scende mai a confutare il pensiero mazziniano. Da una parte, quindi, gli internazionalisti rifiutano in blocco tutta la concezione eticopolitica dell'agitatore genovese, dall'altra i mazziniani, benché scossi nella loro fede dall'atteggiamento del Maestro verso la Comune, si limitano a riserve di metodo, senza tentare una revisione del suo sistema. Se riesaminiamo gli articoli di Bovio, vediamo che il patriota pugliese insiste particolarmente sull'aspetto di rivolta contro ogni tirannide della Comune e mostra di non credere all'estremismo degli insorti parigini, evitando di addentrarsi nella polemica sui principi, che invece Mazzini svolge ampiamente in tutta i suoi articoli; anzi Bovio ritorna sulla necessità di non confondere la filosofia colla politica anche negli ultimi articoli, scritti quando l'esperienza parigina è ormai compiuta, ed un esame delle varie posizioni' ideologiche appare la premessa indispensabile all'unificazione delle correnti repubblicane e socialiste. Bovio inoltre non nasconde la sua simpatia per l'organizzazione federale dello Stato, ma anche qui senza approfondire le ragioni che lo inducono a dissentire da Mazzini, in realtà senza rendersi conto della stretta connessione che il concetto di unità nazionale ha con tutto il pensiero politicofilosofico del grande Ligure.
Il punto centrale della polemica boviana, a cui tutti gli altri sono subordinati, b l'aceusa a Mazzini di aver dissuaso dall'azione nel 1871 (ma gli ardenti fautori della Comune cosa hanno fatto per sviluppare l'iniziativa in Italia?), di aver trascinato la democrazia in una sterile polemica filosofica e, in generale, di aver preposto la predicazione all'azione, ingenerando tra i repubblicani inerzia, scetticismo, divisioni. L'mgiustizia di quest'ultima accusa è evidente: basta scorrere l'epistolario mazziniano degli anni precedenti al '70 per vedere con quale infaticabile tenacia il vecchio agitatore abbia cercato continuamente di incoraggiare dovunque antichi e nuovi seguaci, di suscitare energie, di stabilire collegamenti,