Rassegna storica del Risorgimento

ARCHIVIO DI STATO DI ROMA FONDI ARCHIVISTICI; CONGREGAZIONI PAR
anno <1966>   pagina <101>
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Libri e periodici 101
informazione, che a negligenza. La piuma riguarda l'opera di Carlo Rosselli, che U Frosini menziona dandole la debita importanza, ma del coi pensiero mette piuttosto in. rilievo la parte libertaria ohe quella che si può chiamare storicista e liberale; ora il Rosselli ha scritto per primo, in Socialismo liberale, una vera e propria storia del revisio­nismo italiano, i cui concetti, a tanta distanza di tempo, s'incontrano spesso con quelli del Frosini. Ma la difficoltà di accedere al libro del Rosselli, e allo stesso saggio pubblicato da me sn questo nostro grande, sono forse all'origine della non adeguata menzione; bisognerà affrettare l'edizione almeno del primo volume dell'opera rosseUiana che sto preparando* Le altre lacune sono in ragione, credo, del tempo intercorso tra la concezione del saggio del Frosini e l'uscita del volumetto; l'opera del Berti su J democratici e l'iniziativa meri' dìonulc (una critica giusta e profonda, dal punto di vista d'uno storico marxista, dell'in­terpretazione gramsciana del problema meridionale) eia biografia del Gramsci di Salvatore Francesco Romano, uscite rispettivamente nel 1962 e 1963, avrebbero opportunamente confermato molte acute OBservazioni del Frosini., pur partendo da punti di vista assai
dÌ8C08ti- Aron G-ABOSCI
RENZO DE FEMGE, Italia giacobina (Acropoli, 13); Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1965, in 8<>, pp. 396. L. 2.200.
La raccolta che or ora vede la luce, consta di sei saggi, ricchi di annotazioni e di appendici documentarie e si propone di costituire una panoramica parziale del pensiero rivoluzionario dei primi anni dell'epoca napoleonica, considerata come uno dei periodi chiave della nostra storia.
Assistiamo da alcuni anni ad un rifiorire di interessi per la storia della Cisalpina; mai come in questi ultimi tempi gli studi napoleonici, sotto la forma di articoli, di saggi, di relazioni e di comunicazioni congressuali, sono stati così numerosi. Il contributo scientifico che il De Felice dà con questo volume è certamente valido, anche se possiamo avanzare qualche riserva generale sui metodi d'indagine impiegati: il suo determinismo economico se serve a mettere in luce un certo tessuto sociale, non può illuminare tutti i momenti della politica napoleonica in Italia.
Ciò premesso, non possiamo non apprezzare l'indagine acuta, documentata e sempre originale del De Felice.
Il primo saggio, l'unico inedito della miscellanea e su cui ci soffermeremo maggior­mente, riguarda: L'Italia nel periodo rivoluzionario ; gli altri vertono rispettivamente sulla Paura e religiosità popolare nello Stato della Chiesa alla fine del XVIII secolo , Giuseppe Ceracchi, l'abate Claudio della Valle e l'evangelismo giacobino, Pasquale Mu­terà ed infine Il problema ebraico in Italia alla fine del XVXCI secolo ed all'inizio del XIX.
Gli stessi titoli mostrano come l'autore abbia voluto battere strade nuove, ripropo­nendo agli studiosi problemi, fatti e figure ben poco studiati finora. Dopo aver ricollocato il moto giacobino nella sua vera cornice, di antesignano di una visione nazionale e quindi delle congreghe mazziniane, il De Felice giustamente sfata il mito della rivoluzione passiva che sarebbe stata caratteristica del Triennio repubblicano: anche il popolo mi­nutò, tranne eccezioni (Verona, Pavia), accolse i Francesi con un senso di liberazione, perchè era naturalmente portato olle eversioni che avrebbero potuto cancellare le sue miserie. Solo in un secondo tempo, quando il nuovo regime si dimostrò peggiore del vec­chio per via delle contribuzioni sempre più pesanti, delle devastazioni belliche e della invariata indifferenza per i reali bisogni popolari, le plebi delle città e delle compagne insorsero e opportunamente aizzate da aristocratici e da membri del clero chiesero la testa dei signori, ch'erano confusi con i giacobini. Questa è l'interpretazione convincente che l'autore dà dei moti sanfedisti; manifestazioni d'insofferenza politica ed anche di delusione.
E; poi- non contava ione il fatto ohe fosse stata sfruttata la grossolana religiosità popolare per dipìngere ! giacobini come degli noti-cristo?