Rassegna storica del Risorgimento
ARCHIVIO DI STATO DI ROMA FONDI ARCHIVISTICI; CONGREGAZIONI PAR
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Libri e periadici
Per il rinnovamento del paese e per una nuova class dirigente (urlinoli del 1912-15), Problemi e spunti di politica interna in tempo di guerra (1917-18), La vittoria e la democraxia (1919-20), La dissoluzione del sistema liberale (1919-20). Finalmente l'ultima sezione h quella che si può considerare più propriamente storica: si intitola Lineamenti per una storia. dell'Italia giolittianu e comprende recensioni alle Memorie di Giolitti, la prefazione alla nota opera di W. Salomone e, fra l'altro, anche una parte (questo spezzamento ci persuade poco) dello scrìtto apparso sul Ponte nel 1952: Fu VItalia prefascista una democrazia? Grosso modo dunque il volume segue un ordine cronologico, anche se le sezioni raggruppano i vari scrìtti per materia. Prevale sempre la politica e anche nell'ultima sezione dove torna a far capolino la storia, la politica e la polemica scappano fuori ad ogni passo e sono tutte centrate su una figura: Giolitti, che fu e rimase la bestia nera di Salvemini.
Non c'era niente da fare; erano due personalità troppo diverse perchè potessero non dico intendersi, ma neppure avvicinarsi.
Di solito Giolitti b considerato il miglior nomo di Stato che abbia avuto l'Italia dopo Cavour, e io convengo pienamente nel giudizio. Soltanto che fra i due c'era una bella differenza: Cavour era, si, un realista al cento per cento che sapeva fin dove poteva giungere e usava senza scrupoli qualunque mezzo per arrivare allo scopo, ma tutta la sua politica era animata da un alto ideale al quale rimase fedele per tutta la vita: la libertà e l'indipendenza d'Italia (non dirò l'unità, alla quale si converti solo in ultimo). Giolitti non era così: realista anche lui, spregiudicato, con una perfetta conoscenza della burocrazia e del Parlamento, che maneggiava con grandissima abilità, mancava però di quella carica ideale che aveva il suo lontano predecessore. Lu guerra di Libia è un capolavoro di preparazione e di tempestività, il progressivo inserire nella vita della nazione di nuove forze politiche è un capitolo che gli fa grande onore, ma l'atteggiamento neutralista del 191415 è il risultato di un calcolo sbagliato. C'entrò anche un motivo di moralità politica (non tradire gli alleati, ma riconobbe fin dal primo momento che non si presentava per l'Italia il casus foederis), ma soprattutto influirono sulla sua condotta altre ragioni che non avevano nulla di sentimentale: il timore della potenza militare degli Imperi centrali, la scarsa fede nello spirito di resistenza della nazione, e infine il tentativo furbesco, classicamente diplomatico, di tirar fuori qualche vantaggio senza rischiare nulla, il famoso parecchio . Trento e Trieste per Giolitti sono solo materia di scambio su cui si può trattare; l'invasione del Belgio, la minaccia della libertà dei popoli da parte degli Imperi centrali non suscitano il suo sdegno, o per lo meno il freddo ragionamento che in lui prevaie fa tacere ogni altro sentimento. Per ritornare al paragone con Cavour, non sarebbe possibile concepire un Giolitti che fa al Re una scenata violenta come quella scatenata dal Conte a ViUafrauca: in quel caso Cavour sbagliava in pieno consigliando Vittorio Emanuele a continuare da solo la guerra, ma per il fatto che in quel momento i sentimenti piò nobili e più belli avevano preso il sopravvento sulla ragione politica la figura del Conte grandeggia per la profonda, schietta umanità. Giolitti non avrebbe mai perduto le staffe, ma si sarebbe domandato cosa si poteva ricavare dalla situazione, e comunque avrebbe lasciato il posto a un suo luogotenente.
Come volete dunque che un tal esemplare di uomo politico potesse avere qualche punto di contatto con un Salvemini che, si, anche lui si dichiarava realista, amante della concretezza* ma in verità era un uomo assetato di onestà, di giustizia, di amore per le classi umili, di un mondo ideale che non poteva realizzarsi e che lo faceva mettere in polemica perfino coi suoi amici quando non lo seguivano su quella vìa? I giochetti, gli imbrogli elettorali non erano adatti al suo temperamento, e per questo sparerà a zero contro Giolitti durante i suoi governi e anche dopo.
Ma giunto alla vecchiaia, rivedendo gli anni passati sotto mi aspetto ormai da storico* Sai verni ni, con l'onestà cho lo distingueva, modificò il suo giudizio e sebbene si divertisse a elencare quel che Giolitti non fece di bene e quel che fece di mole, riconobbe che ora stato abile nelTincanalarei movimenti sociali scatenatisi nei primi anni del secolo, e gli attribuì in questo caso lo qualità di uomo di Stato, e gli riconobbe pure ampie doti di buon senso, ma continuò a insisterò sul sistema vergognoso di certe elezioni violentemente imposte nel Mezzogiorno dai suol dipendenti, sulle crisi extraparlamentari provo-