Rassegna storica del Risorgimento

CAPOMAZZA CARLO
anno <1966>   pagina <601>
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// briftantaggio meridionale e il pensiero di Carlo Capomazza 601
spiegazione a tale fenomeno, inquadrandolo in tuia dimensione storica gene* rale, comune, anche se con una diversità di periodi storici dovuta alle condi­zioni locali, a tutti i paesi d'Europa.
Le differenze Ira l'aristocrazia e la borghesia meridionale erano assai sfu­mate, se non del rutto inesistenti; ciò non soltanto da un punto di vista oggettivo (ramo di attività economica esercitata da entrambe: agricoltura) ma anche da un punto di vista psicologico. La classe media non aveva nulla in comune con il popolo e non poteva svolgere una funzione educatrice ed eleva* trice per le masse; motivi di sfruttamento diretto, di lontananza culturale, di reciproca diffidenza e disprezzo, rendevano assai profondo il vallo fra galan­tuomini e plebe.
Tutto ciò rende evidente l'impossibilità storica di una alternativa demo­cratica al Risorgimento meridionale, attuatosi come movimento di élite; non era concepibile, infatti, in una situazione storica e sociale del genere, l'alleanza delle classi medie con il ceto popolare, per una azione comune; in breve, (come i tentativi rivoluzionari precedenti avevano dimostrato), la borghesia, da sola, era incapace, venendole a mancare l'appoggio delle masse, di realiz­zare una valida azione rinnovatrice nel regno delle Due Sicilie. Essa dovette attendere che un urto esterno scuotesse il Regno ed affidarsi poi alla dinastia sabauda per l'attuazione, su base beninteso moderata, delle conquiste liberali.
Alla luce di quanto si è detto è possibile spiegare l'azione degli altri due elementi che, insieme con la borghesia, nella accezione sopra delineata, hanno una funzione determinante negli avvenimenti del 1860: la Corona ed il popolo.
La prima che, al suo instaurarsi nel Regno, aveva trovato la feudalità integra e potente e che non era riuscita ad affermare la sua autorità nei con­fronti di essa, vide nel moto liberale del 1860, non diversamente che in quello del 1799, una ulteriore dimostrazione di vitalità di quelle infrastrutture poli­tiche che sempre avevano avversato l'azione livellatrice ed accentratrice del governo. L'alleanza, quindi, fra monarchia e rivolta popolare, in funzione pre­cipuamente antiborghese, va considerata come l'ultimo atto di una serie di lotte, or flagranti ora tacite, che la monarchia impegnò con le classi elevate, per il possesso e la conservazione del potere.
Dello studio del Capomazza sul brigantaggio possediamo soltanto la se­conda edizione, stampata a Napoli nel 1864, per i tipi dello stabilimento di F. Vitale. Il lavoro, pubblicato una prima volta presumibilmente nel 1862, fu in seguito rimaneggiato dall'autore, con l'eliminazione di tutte quelle parti che ei erano rese superflue o superate, a causa delle mutate condizioni e dato l'affievolirai del brigantaggio in quasi tutte le provincie del Regno. L'opera, condotta con criteri rigorosamente scientifici, si apre con una breve storia del Brigantaggio nelle epoche precedenti, non solo per quanto concerne il reame di Napoli, ma anche per l'Inghilterra e la Francia. Singolarmente interessante è la breve esposizione del brigantaggio inglese alla cacciata degli Stuart. La rivoluzione inglese del 1688 fu studiata dal Capomazza con particolare cura, dato che in essa egli vedeva alcune simiglianze con la situazione napoletana del suo tempo: fra le carte che abbiamo rinvenuto nell'archivio del prof. Ga-lassi-Paluzzi, esistono, in bozze di stampa, alcuni capitoli di una storia inglese scrìtta sulla traccia dell'opera del Macaulay e non portata a termine per la prematura morte.
Sintetizzando il pensiero del Capomazza, le cause del brigantaggio possono ridursi a due ben distìnti gruppi di fattori: il primo formato da una serie di