Rassegna storica del Risorgimento
ITALIA RELAZIONI CON GLI STATI UNITI D'AMERICA 1859-1866; STATI
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Libri e periodici
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sono in grau parto noli; tra il dilagare però delle adesioni di comodo al nuovo stato di cose, tra i plebisciti in cui molto sovente vecchi borbonici cercavano di mime-lizzarsi vo ricordato il fiero atteggiamento di Vito Albergo di Bari che ebbe il coraggio di non rinnegare il suo passato e col suo voto costituì l'unico no al plebiscito nella città di Bori.
L'unità si rivelò presto poco soddisfacente per le popolazioni dell'Italia meridionale. Le cause sono note, ma non poco si ricava dalla lettura del carteggio del Cavour relativo al Mezzogiorno. Sono le lettere dei mesi ottobre-novembre 1860 e dal dicembre 1860 al giugno 1861.
In questo primo periodo del regno d'Italia si nota un antico ministro del regno delle Due Sicilie e cioè il pugliese Liborio Romano, deputato del primo Parlamento d'Italia che cerca di illustrare al Cavour gli errori commessi dal governo della Luogotenenza. Da essi dipendeva la più grave piaga del paese, il brigantaggio, cui dedicò una relazione alla Camera dei Deputati nel 1863 Giuseppe Massari. Dal brigantaggio e logico passare alle condizioni economiche del Mezzogiorno dopo l'unità ed all'analisi della sua classe dirigente. L'A. sintetizza il suo giudizio in questi termini: < tranne le debite eccezioni la classe dirigente era inetta ed incapace. Ad essa, specie agli agrari, vanno attribuite le deficienze del paese al tempo dei Borboni e la situazione si mantenne immutata nel periodo seguente a motivo del trasformismo con cui gli elementi di essa riuscirono a mantenere inalterate le loro posizioni. Il giudizio è così pittorescamente completato : Del resto ancor oggi, se voi fate un attento studio ambientale in taluni comuni rurali, ancora arretrati, del Mezzogiorno continentale ed insulare, troverete, per fortuna in numero sempre minore, gli eredi e continuatori dei signori e signorotti dell'epoca borbonica, con un residuo di quel sussiego, di quel sordido egoismo, di quell'ozio snervante che erano allora connaturati coi nostri ambienti > (p. 530).
A questa inerzia è contrapposta la laboriosità degli emigrati ed il V. afferma: se i tanto derisi e sprezzati cafoni e selvaggi del 1860 avessero potuto dare il loro lavoro nello stesso nostro Mezzogiorno, in grandi opere di bonifica e trasformazione agraria, di sistemazione di fiumi e torrenti ecc. fecondate da quelle tali riserve monetarie, poi trasferitesi altrove; e se quei cafoni e selvaggi avessero potuto giovarsi: assistiti dalla tecnica e dal credito agrario della tanto attesa ed invocata spartizione dei beni demaniali ed ecclesiastici, noi avremmo compiuto un gran passo, subito dopo l'Unità, sulla via del progresso civile (p. 535).
L'opera, che del resto ha già avuto numerosi autorevoli riconoscimenti, dal premio dell'Accademia Poutaniana di Napoli, al lusinghiero giudizio di R. Ciasca nella prefazione al secondo volume, è cosi degnamente completata dall'ultima parte, in cui il V. traccia, un quadro Incido ed acuto degli avvenimenti, rettifica giudizi, trae fatti e personaggi da un immeritato oblio e, in breve, ci dà una visione quanto mai ricca e profonda delle vicende della gente del Sud.
Aggiunge pregio al lavoro un ricco materiale iconografico.
GIUSEPPE CONIGLIO
NINO CORTESE, Cultura e Politica a Napoli dal Cinquecento al Settecento Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1966, in 8, pp. 324. S. p.
Nino Cortese, maestro di vasta dottrina e di operosità infaticabile, ben noto, tra Peltro, per i suoi lavori esemplari sul Cuoco, sul Colletta, sul Blonc, sul Bulìfon, atti De Sancii*, ha raccolto in questo lussuoso volume alcuni saggi (usciti in verità di già parecchi anni or sono, e cioè dal 1922 al 1926, singolarmente) su qualche aspetto della cultura napoletana tra il 500 e il 700 in rapporto con la vita politica, i quali dovevun far parte di un'ampia ricostruzione della storia del Mezzogiorno in quell'epoca, a cui egli si era accinto con accurate ricerche su archivi e biblioteche italiane e straniere Poiché non ben tuttora per nulla perduto della loro originaria ire-nettezza e neanche i uontributi più recenti sul .tema ne han scalfito l'alto valore documentario e critico, credo opportuno metter in rilievo, sin pure ulhi lesta, le risultanze