Rassegna storica del Risorgimento
ITALIA RELAZIONI CON GLI STATI UNITI D'AMERICA 1859-1866; STATI
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1966
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Libri e periodici
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due ufficiali;), e poi trascinò in città carrozze, cavalli, ed i corpi vilipesi dei morti, fino ud esporre due/teste dal balcone di palazzo Trisì.
Furono allora più pronti ed intensi gli interventi pacificatori del cardinale; ri adoperò come intermediario anche il barone Capelletli, Miniciro di Spagna a Bologna ed -in certo senso protettore dei Gesuiti rifugiati in Romagna; si giunse persino a vedere la possibilità di negoziare una pace coi Francesi, e le trattative furono tut-t altro che ignorate dal generale Augereau di nulPaltro preoccupato - forse che di guadagnare tempo. Ma poi sì seppe che truppe francesi marciavano verso la città ribelle dalla parte di Argenta, provenienti da Ferrara.
Niente e nessuno potè allora trattenere i rivoltosi i quali andarono incontro ai Francesi attaccandoli sul fiume Suntorao, ed infliggendo loro perdite calcolate in circa 200 uomini.
La rivolta era stata capeggiata da nobili e da popolani: anima del movimento era stato il popolano Francesco Mongardini, detto il Febbrone, e non era mancata una delle più distinte famiglie, e cioè i conti Angelo, Matteo e Giambattista Manzoni. Fra i più esaltati erano un Gioacchino Palma e un Filippo Bandi.
Naturalmente le truppe dell'Augereau sopraggiunte anche dalla parte di Imola - - ebbero alla fine il sopravvento : il loro armamento, la superiorità numerica* la loro esperienza e In stessa sete di conquista non potevano non aver ragione su gente male armata, mal comandato, vissuta in pace da tempo immemorabile, ed isolata. La repressione fu immediata; ed anche qui non valsero le buone mediazioni: Lugo subì un saccheggio non diverso da quello che le vecchie compagnie di ventura infliggevano alle misere popolazioni. Ci furono processi e condanne: Bandi e Palma furono fucilata nella Spianata di Ferrara. Ma la popolazione vinta e non doma diede poi, in quell'anno medesimo, altre prove del suo odio contro lo straniero.
Questi i fatti che il Lazzari narra e documenta con un'abbondanza che può sembrare soverchia.
Sappiamo che si corre un rìschio, e che pertanto non è consigliabile affermare l'eccellenza, di un lavoro storico chiamandolo definitivo: gli archivi possono rompere improvvisamente il silenzio ritenuto eterno, ed il domani può offrire novità ideologiche, metodologiche e così vìa. Non c'è da fidarsi.
E difatti in seguito al riordinamento degli archivi comunali di Castelbolognese ed alla pubblicazione (voi. XIV di Studi Romagnoli* Faenza, 1965) dell'inventario a cura del Soprintendente agli archivi prof- Giuseppe Plessi e di Oddo Diversi, questui timo ha pubblicato nello stesso; XW' volume di Studi Romagnoli (pp. 99-123) 17 testimoniale degli episodi che precedettero il sacco di Lugo, e che pertanto riguarda la rivolta lughese. Si tratta di verbali datati fra il 20 luglio ed il 30 settembre 1796: hanno deposto più di novanta persone, e minuziose ed innumerevoli sono le notizie verbalizzate.
A seguito di tale rinvenimento la narrazione del Lazzari resta integra nella sostanza e valida nello spirito. Tuttavia il documento che egli ha ignorato è prezioso perché conferma, specifica ed, illumina molte circostanze e molti personaggi.
Restano così i pregi dell'opera del Lazzari, e cioè la larghezza della indagine, In compiutezza dell'esame, la ponderata obbiettività e la chiarezza dello stile. Pregio degno di uno storico è quello di avere abbandonato la tendenza molto comune anche ai maggiori scrittori di storia del tempi trascorsi: la tendenza ad esaltare le gesta liberatrici degli invasori francesi, denigrando le resistenze (pochissime del resto) dei poveri abitanti della penisola nei quali si vedono soltanto dei retrogradi, dei codini, dei fanatici e degU oscurantisti negati al vìvere civile.
Ci sembra molto più vicina aUa verità l'intuizione del poeta Luigi Orsini che nel suo Carme della Romagna, riferendosi proprio alla rivolto di Lugo, dice alla città: *-e tu Lugo,. / eh é mi WM'n 'i'ìngUma / onta straniera, si risponda...
La storia può o deve riconoscere nelle rivoluzioni il valore e la fatalità del rinnovamento, ma non ò pi fi storia ed è racconto polemico quando calpesta od offende le vittime. Tanto peggio quando si tratta di vittime italiane e di storici italiani.
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