Rassegna storica del Risorgimento

ITALIA RELAZIONI CON GLI STATI UNITI D'AMERICA 1859-1866; STATI
anno <1966>   pagina <657>
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non emigrati, dei rimasti, nomini maturi e di natura pacìfica (C. TIVAHONI, Le e.ltìzinni politiche del Veneto nel 1874, Padova, 1874, p. 2), degli attori cioè di quella che in mancanza di altre qualificazioni, fu definita resistenza passiva? A prescindere dalle valutazioni suggestive ma generiche offerte dai delegati provinciali austriaci <pp. 94*95), dobbiamo ammettere di sapere ancora ben poco degli atti, o meglio delle omissioni, in. cui si articolava concretamente onesta resistenza passivai se si eccettua* naturalmente, quanto già sappiamo sul clamoroso boicottaggio delle elezioni del 1861 e, ora, sul tipo di resistenza passiva svolta dagli impiegati giudiziari (pp. 104-105). In assenza di altri dati precisi converrà parlare, pensiamo, più che di resistenza pas­siva, di placida attesa. Se si passa ai così detti Comitati segreti veneti, il buio si fa ancora più fitto. Nella storiografia tradizionale i Comitati segreti costituivano i fari, i principali propagatori nel Veneto del verbo del Comitato centrale torinese. Del Comitato di Padova, capeggiato da Ferdinando Coletti, il Solitro ha parlato nei suoi numerosi saggi con dovizia di particolari, peraltro non sempre sorretti da un'adeguata documentazione. Nel volume del Briguglio, invece, codesti Comitati non fanno che poche, rare e fugaci apparizioni: e avendo l'Autore utilizzato largamente quelle che a ragione sono ritenute le fonti fondamentali in materia l'Archivio di Stato di Ve­nezia, le carte del Comitato centrale e del Cavalletto esistenti a Padova e a Castel* franco Veneto -- non resta che dedurre che le idee tramandateci sull'argomento vanno drasticamente ridimensionate. Anche senza voler accogliere l'irosa affermazione del Tommaseo sulle e giunte segrete, in ciascuna città composte d'ignoti, ai quali, saputo il nome loro , egli non sapeva quanti cittadini autorevoli avrebbero degnato ubbi­dì re (Cronìchetta del 1865-66, a cura di G. Camharin, Firenze, 1940, p. 80), sarà bene parlare, allora, più che di Comitati, di fiduciari del Cavalletto, sparsi nelle varie città venete e con lui direttamente corrispondenti; fiduciari che avevano nella citta dinanza un certo seguito, più o meno limitato, che potevano conlare su un certo numero di adesioni, talora sincere ed entusiastiche, talaltra soltanto nominali, senza assunzioni di responsabilità, senza rischi, con molte riserve mentali.
Ora, se tali erano gli strumenti di cui disponeva il Comitato centrale di Torino per affermare la propria influenza, sarà molto difficile imputargli il merito, o il deme­rito, dell'altra-moderatismo che imperà nel Veneto nel settennio 1859-66, isolando i rari democratici e votando fin dall'inizio al fallimento ogni iniziativa insurrezionale. Quando il Bonaldi, nell'ottobre del '66, scrive al Cavalletto: A torto od a ragione, è certo che Voi avete molta influenza nel Veneto ... io credo che Voi siate assoluta­mente la eausa che nel Veneto regna una moderazione che fa vergogna, un'inerzia che disonora (pp. 305-306), questa rimane l'affermazione di un giovane democratico, appassionato e deluso, ma difficilmente può fornire la buse per un giudizio storico. Scrive giustamente il Briguglio che nel 1859-60 i capi dell'emigrazione rappresenta­vano le province venete più aprioristicamente, die attraverso un diretto e sperimen­tato confronto politico (p. 115): quando, nel 1866, il e confronto politico ha final­mente la possibilità di verificarsi a tutti i livelli, alcuni fatti sembrano confermare la persistente validità di questo giudizio. Si direbbe, ora, che parte dei Veneti intenda paradossalmente proseguire la resistenza passiva contro i Commissari straordinari del regno d'Italia. A Padova, la destituzione da parte del Popoli di alcuni professori universitari austriacanti provoca, nel luglio del '66, nn coro di proteste, come pure l'attribuzione d'uno cattedra al doti. Ferdinando Coletti,-intimo del Cavalletto e capo del locale Comitato segreto (G. SOLITRO, Maestri e scolari dell'Università di Padova nell'ultima dominazione austriaca, 1813-1866, in Archivio Veneto-Tridentino, genn.giu. 1922, pp. 184-185; / Veneti nella preparazione e nella guerra del 1866, in itti dell'Isti­tuto Veneto di Scienze Lettera ed Arti, a. arte, 1931-32, pp. 172-173 dell'estr.). Da Udine, Quintino Sella comunica nell'agosto che molta parte della popolazione è... freddis­sima perché teme di compromettersi cogli Austriaci... L'antico Municipio differivo a bella posta la organizzazione della guardia nazionale, ed in sostanza voleva tenersi fra l'Italia e l'Austria. A questo punto il Commissario regio aveva sostituito podestà e consiglieri con persone di sua fiducia, Fu per questa citta una specie di colpo di Stato - - prosegue il Sella - e come prevedovo non venne molto approvato dalla
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