Rassegna storica del Risorgimento

DEPUTAZIONI DI STORIA PRIVATA
anno <1967>   pagina <38>
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38 Sergio Canterani'. m J
benemeriti ecc.), e nel modo di nominarli Circa il finanziamento attuale, l'elenco dei contributi ministeriali, riprodotto nella relazione, si può definire soltanto ameno: si va dalle centomila lire annue concesse alla Società romana di stona patria per scendere alle 25 mila date alla deputazione per le Marche. E in tal modo il progresso degli studi storici' -e largamente assicurato.
Le proposte presentate dalla commissione nella terza parte della relazione si riferiscono: alla Giunta centrale per gli studi storici (alla quale dovrebbe essere deferito il compito di coordinare il lavoro scientifico delle deputazioni e degli istituti vari di ricerca storica), alla sua composizione, alle competenze delle deputazioni (che dovrebbero avere anche funzioni pubbliche), alle cate­gorie dei membri (uguali per tutte), al finanziamento, ecc.
Aperta la discussione il 25 novembre, è risultato che ì rappresentanti delle diverse deputazioni e società continuavano ad essere in amabile disac­cordo. Chi impostava problemi e teorie generali, chi scendeva a particolari minuti, ma la maggioranza si ostinava a insistere sulla autonomia assoluta: nes­sun controllo, nessun coordinamento; ogni istituto facesse quel che voleva. Qualcuno poi, più o meno velatamente, è giunto ad auspicare che si facesse tabula rasa della Giunta e degli istituii nazionali. I più hanno accolto con fa­vore la proposta che ogni deputazione fosse rappresentata nella Giunta, anzi si è pensato di aggiungere professori universitari, rappresentanti di archivi, di biblioteche e chi più ne ha, più ne metta. (Ne verrebbe ci sembra un mirabile consesso tanto imponente quanto inconcludente). Sì è parlalo ancora di finanziamento, di struttura delle deputazioni e finalmente si è concluso come la volta precedente: demandando a una commissione (e soprattutto a Mario Viora che è stato colui che ha sostenuto la maggior parte del lavoro) il com­pito di presentare un progetto a un futuro convegno. E così forse, passo a passo, si giungerà a una regolamentazione della materia.
Certo è giusto, sacrosantamente giusto che gli istituti di ricerca storica godano di un'ampia autonomia, ma questo ribellarsi a ogni controllo (però quando un ente si chiami ministero o giunta o come si vuole stanzia un contributo, non ha il diritto di sapere dove e come è stato speso?) e anche a un semplice coordinamento dei lavoro non significa, a nostro avviso, tendenza all'autonomia, piuttosto all'anarchia.
Non si capisce infatti perché le deputazioni non possano avere tutte una struttura uguale (come ha proposto la commissione), perché non ci debba essere uniformità nelle nomine dei membri, del consiglio direttivo. Non si intende neppure l'ostilità che talvolta è affiorata contro la Giunta (benemerita perché è quella che spesso ha dato aiuti finanziari), oppure contro gli istituti storici nazionali (benemeritissimi perché le fonti che vengono pubblicando non vedrebbero mai la luce per iniziativa privata). questa una tendenza che ha per scopo (da qualcuno chiaramente confessato nell'adunanza) di dare il mo­nopolio degli studi storici agli istituti universitari, quasi che solo chi può fregiarsi del titolo di ordinario, incaricato, libero docente, assistente e così via abbia il diritto di occuparsi di storia. Proposta che a nostro giudizio noi archi visti dobbiamo decisamente respingere perché o saremmo esclusi per sempre dall'empireo degli storici oppure vi saremmo ammessi solo in qualità di schia­vetti, di servi negri, a tutto beneficio dei grandi. E ancora: non si capisce perché una deputazione debba sentirsi menomata a proporre un programma di lavoro, a chiedere il relativo, finanziamento e a dimostrare, dopo un certo