Rassegna storica del Risorgimento
BIBLIOTECA UNIVESRITARIA DI GENOVA FONDI ARCHIVISTICI
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1967
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Libri e periodici
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Le relazioni diplomatiche fra lo Stato pontificio e la Francia. II serie: 1830-1848, a onta di GIULIANO PROCACCI, voi. I: 4 gennaio 1830-28 luglio 1831. voi. II: 28 hi* glio 1831-21 dicembre 1833, (Fonti per la storia ditali, 58, 64); Roma, Istituto storico italiano per l'Età moderna e contemporanea, 1962, 1963, in 8, pp. XIV* 359, X-375. L. 3500, 3500.
Spunta l'ultimo anno di regno dei Capetingì e nunzio a Parigi è il Lambru-Echini, una delle personalità più importanti e complesse della Restaurazione, il barnabita rigorista allievo dello zio Giambattista vescovo d'Orvieto che si trasforma, sotto il pungolo consalviano, in negoziatore sagacissimo del compromesso con Pietro* burgo al punto da dare ombra all'onnipotente segretario di Stato e da meritare di essere confinato all'arcivescovato di Genova dove l'austera vocazione pastorale risorge e si espande, finché hi designazione alla nunziatura di Parigi ravviva il vecchio gusto diplomatico, e sia pure con una sfumatura ecclesiastica più accentuata rispetto al tecnicismo di Bernetti ed al dottrinarismo di Cappellari, la coalizióne moderata e più propriamente leoniana che controlla gli ultimi anni di papa Della Gcnga. A Parigi il nuovo nunzio si scontra innanzi tutto, crudamente con la realtà di massa, con la forza d'urto del lamennaisismo, che a lungo gli era parso, da lontano, semplice poderoso strumento di propaganda ultramontana : Qui anche i buoni pregiudicano al bene coll'entusiasmo sebben rette siano le loro intenzioni aveva scritto al cardinal Della Soma glia segretario di Stato fin dal 16 febbraio 1827. Io n'ero afflitto ma, essendomi di ciò confidenzialmente querelato con alcuni personaggi savi, mi hanno detto di riderne, che bisogna accostumarsi a questo e che qui ognuno vuol parlare, ognuno fa parlare, e ciascuno nel senso suo j>. All'estremo opposto, il regalismo dei gallicani infirma alle radici il vasto tentativo di suscitare ed organizzare la religiosità popolare che è a fondamento dell'azione degli zelanti più {Ruminati* e tende la mano perciò alla futura sovversione orleanista, il generale Sebastiani che sì congratula quasi emblematicamente con monsignor Frayssinous vescovo che cerca sempre di attaccare la S. Sede tutte le volte che ha la disgrazia di parlare alle Camere; che indebolisce quanto più può la divina autorità del Vicario di Cristo; che non ha il coraggio di confessare che ogni vescovo giura effettiva obbedienza al romano pontefice; che neppure ha quello di spiegare nettamente il dogma cattolico sulla necessaria dipendenza deRe Chiese sparse nel mondo dalla Chiesa romana, dipendenza dalla quale risulta e sul cui esercizio si conserva l'unità (dispaccio 21 maggio 1827 a cui sintomaticamente Della Soma gli a riscontra il 9 giugno reputando doversi totalmente dissimulare). Sì, vi è motivo di sperare nel santo zelo dei re, ì cui abboccamenti col guardasigilli fanno ritenere probabile e prossima la soppressione della Hhertà di stampa abominevole licenza (dispaccio 25 maggio 1827) od in quello consimile dell'imperatore, i cui propositi di rista bili mento dei Gesuiti eccitano gli ardenti voti di Lambruschini (dispaccio 5 novembre 1827). Ma intanto le società bibliche coordinano i loro attacchi alla reRgione con quelli alla monarchia (dispaccio 3 ottobre 1827: Io porto opinione che i cosi detti biblici siano fratelli germani dei massoni, dei carbonari e di tutte le altre sette empie ed abominevoli) e la cessazione della censura, prodromo dello scioglimento della Camera, induce Lambruschini a rattristanti riflessioni: Lo spirito della rivoluzione egli osserva in un documento del 7 novembre 1827 assai interessante per intendere la sfumatura tecnica consalviana ond'egli interpretava la religiosità dello zelamismo già imbaldanziva apertamente e si leggeva sui volti dell'indocile gioventù e deR'ìstesso popolaccio che in più d'una occasione si era abbandonato alla rivoluzionaria licenza. La censura, coR'aver diretto Io spirito de' giornali, si è impadronita pur anco della direzione dello spirito pubblico, ed alla tempesta è succeduta la calma, e noi fummo trunquiRi... Io fui sempre e sono persuaso che in un paese U quale abbia la disgrazia di possederci un governo non assolutamente monarchico ma rappresentativo, se l'amministrazione è debole la rappresentanza si converte essenzialmente in vera democrazia e perciò in una lagri-mevole rivoluzione, laddove se l'amministrazione è forte la rappresentanza diviene felicemente nulla e non serve dio di organo al monarca per fare 11 bene col concorso