Rassegna storica del Risorgimento

CALDESI VINCENZO; MAZZINI GIUSEPPE
anno <1967>   pagina <599>
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// dissidio Caldesi-M azzini
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Questa particolare notizia ci induce a ritenere che anche i Caldesi fa-cevan parte di quella trafila delle armi per la quale le medesime, arrivate generalmente al porto di Livorno, venivano poi clandestinamente portate al confine fra il Granducato e le Legazioni, sul crinale appenninico, non di rado a Modigliana, dove don Giovanni Verità trovava modo di nasconderle e poi di farle giungere a Faenza, od in altri luoghi del ravennate e del forlivese. Gente che operava non su precise direttive di Mazzini, ma non senza qualche rapporto con lui.
Così nel settembre del 1854 si effettuava da Rimini a Faenza per con­clùdersi nel mese stesso alle Balze di Savignano, quel moto insurrezionale che era un nuovo esempio di mancata organizzazione e di assoluta povertà di direttive e di mezzi. Tale insomma da meritare le assennate pagine de I casi di Romagna dell'Azeglio.
Come Mazzini accogliesse le notizie di quel fallito tentativo e del modo .col quale era stato condotto è ben noto. Egli, pur dubitando ed ammonendo, aveva alla fine piegato alla volontà dei più affidando a tal fine il noto memo­riale-guida a Luigi Carlo Farini che da Parigi tornava clandestinamente in Italia. Ma poi Mazzini non potè a meno di manifestare con gravissime espres­sioni il suo sdegno, non tanto contro coloro che avevano preso le armi, quanto piuttosto contro quel manifesto o proclama che lo stesso Farini rendendosi conto della reale situazione romagnola e non senza il consiglio di amici * aveva dettato in quella circostanza: un proclama o programma tutt'altro che rispondente ai principi! mazziniani.x)
Ma a nói preme piuttosto di notare che Vincenzo Caldesi si era subito mosso per prendere parte all'azione, la quale tuttavia aveva avuto così breve durata che egli era appena giunto in tempo per valicare il confine tosco-roma­gnolo quando l'incendio era già spento.
Però non era sfuggita l'opera sua alla vigilanza della polizia granducale. In un rapporto della medesima, in data 9 ottobre, sì legge difatti che il Cai-desi è stato uno dei principali motori della rivoluzione pontificia, sacrifi­cando per essa cospicue somme di denaro .2)
Pertanto non potevano mancare al Governo granducale le sollecitazioni del Governo pontificio a prendere seri provvedimenti contro i troppi che si tenevano nascosti in territorio toscano, e quindi contro i Caldesi Difatti alla
Cieofmani, Antonio Mammina detto Farseli, i fratelli Antonio e Ciriaco Morii, Dome­nico Mazzanii, il conte Vincenzo Cartoli, Filippo e Marco Pezzi, Francesco Tomba, Paolo Poggi, Giuseppe Rava e Luigi Pozzi. Naturalmente non mancò la momentanea presenza del famoso Pianori Giovanni detto Brasiglèn, che noi 185!) n Parigi attentò alla vita di Napoleone (PIERO ZA MA, Giovanni Pianori contro Napoleone III, Modena, 1933). Per la lettera del 1 marzo, vedi Protocollo, voi. Ili, p. 186.
l> Come Mazzini accoglieste le notizie riguardanti il modo con cui icra stata condotta la tonnaoni romagnola a la conseguente sconfitta, Ò ben noto. È noto che egli non era convinto sulla scelta del tempo e snlla sufSaienza dei mezzi; tuttavia aveva incaricalo L. C* Farini di portare un pro-momoria che avrebbe dovuto ispirare quella insurrezione.
Pertanto il rao sdegno non fa contro gli insorti, ma contro fl Manifesto che il Farini aveva redatto tenendo conto della reale situazione e dui: consiglio di amie!, ; non dell'ispirazione ebo vaniva dalla dottrina mazziniana.
SJ Rapporto del Commissario di S. Croce di Firenze in data 0 ottobre 1845. (Archivio di Stato, Firenze).