Rassegna storica del Risorgimento

CALDESI VINCENZO; MAZZINI GIUSEPPE
anno <1967>   pagina <602>
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Piero Zamu
Farini che si. era dimesso perché chiamato alla Direzione della Sanila presso 1 Ministero dell'Interno.
Con tale lettera ringrazia gli elettori, ma dichiara dì non poter accettare il mandato che lo metterebbe a fianco di nn Governo il quale dopo la fuga del Principe non ha più diritto di esistere. Il potere deve tornare al po­polo: il popolo deve eleggere nna Costituente.1)
Un mese dopo 23 gennaio 1849 Vincenzo Caldesi riceveva appunto, insieme con altri tre cittadini, la nomina a rappresentante della provincia nella Costituente Romana.
È da rilevare ohe l'esperienza da lui compiuta nei drammatici giorni che vanno fino al luglio di quell'anno non è tanto quella del deputato, quanto piut­tosto quella dell'uomo d'azione, e precisamente del Maggiore addetto allo Stato Maggiore, del Commissario inviato nelle Marche, e del Commissario nella Commissione delle Barricate chiamato a quel posto nel momento più grave, in­sieme col Cartabelli e col Cernuschi.2)
Riferendosi appunto a tale attività, Aurelio Saffi vede in Caldesi uno degli uomini influenti e sperimentati per fede politica: misurato e preciso elogio che non lascia dubbi sulla fede repubblicana di Caldesi, e tante più valido perché pronunciato da un austero mazziniano; ma elogio che non ci vieta di pensare Vincenzo Caldesi già preso dal fascino che Garibaldi ha esercitato intorno a sé. creando i suoi fedeli per il domani, e cioè i combattenti.
La sconfitta del *49, lungi dal l'indebolire, avvalorò il convincimento che Garibaldi era il condottiero della rivoluzione italiana per qualità di soldato e per virtù di patriota. I sussulti rivoluzionari che dopo il 1849 si avranno in vari luoghi della penisola o per ispirazione di Mazzini o nello stile mazzi­niano non potranno più avere il consenso di uomini che come Caldesi pensano a Garibaldi condottiero.
Le deplorazioni che non erano mancate dopo l'infelice impresa del 1834, si rinnoveranno d'ora in poi, avranno un'eco molto più viva in occasione dei supplizi del 1852 nel Vallo di Belfiore, e più ancora ai rinnoveranno dopo il moto di Milano del 6 febbraio 1853 che ha il suo tragico epilogo nelle dodici impiccagioni e nelle condanne alla galera.
Come è naturale, il distacco da Mazzini non viene effettuandosi con cla­morosi pronunciamenti, ma nasce e si protrae nel tempo, ed è graduato per cosi dire dagli slessi avvenimenti. È un distacco che tuttavia fa numero, e Mazzini lo avverte con profonda amarezza tentando di arginare e scrivendo febbrilmente per incuorare tuttora a sperare ed a credere.
Si direbbe anzi leggendo certi scritti che egli qualche volta voglia nascon­dere a se stesso o quanto meno velare di fronte ai più intimi la sconcertante
*> A. COMANDIMI, Coi>itirusinni'0ltoinagiui '" Bologna vallo memorie di fkComim* Miti, Bologna, 1895, pp. 118-119.
s) Riportiamo la lettera che il 13 maggio Mazzini invia Caldesi Comandante dello Barricate *: Caro Caldesi, M*increace assai che tn non sia venuto oggi, come avevi promesso. La minatane della Romagna importa moltissimo; e la notizia di Bologna, anche ce vera, non cangia le cose. Non bisogna illuderai, il serio ha da venire ancora, ed b urgente ohe si levi in mattici! il paeito in dimostrazione armata. Vieni dunque e decidi. Tao Gius. Mazzini. (Autografo nel Museo dui Hlaorg. di Bologna (Doee, Caldesi D-l-16) pubblicalo da IX Tosi, Vincitnzo' Cnltlesi *heon di liomngna , Bo­logna, 1958, pi 16. Le lettera non figura in S.E.L