Rassegna storica del Risorgimento

CALDESI VINCENZO; MAZZINI GIUSEPPE
anno <1967>   pagina <607>
immagine non disponibile

Il dissidio Caldesi'Mazzini
607
accuse che vengono recisamente confutate da Campanella e da altri, ma che lasciano le solite ombre.
La distanza Ira Mazzini e Cai desi nell'anno 1857 può essere forse misu­rata con tutta esattezza se poniamo ascolto alle parole di Mazzini stesso che proprio in quell'anno (non è indicato né il mese né il giorno) scrive a Cesare Bernieri segretario della Sezione del Partito a Londra: Caldea!, ben inteso, non mi ha fatto mai dir parola di lui .
Né conosciamo accenti diversi per il seguente anno 1858, nel quale Ber­nieri si è rivolto inutilmente a Montecchi e Caldesi perché versino la quota a favore del giornale L'Italia del Popolo.1)
Solo nel dicembre, quando tutti vedono oramai dove sia orientata l'azione diplomatica che Cavour da tempo sviluppa febbrilmente ed abilmente, Maz­zini stesso sembra piegare a tale evidenza, e non si sottrae a contatti con quelli ai quali ha rivolto persino titoli ingiuriosi.
Si fissano difatti vari incontri, non esclusi i più difficili, e cioè quelli con Caldesi e Montecchi. Del resto si trova a disagio persino Bernieri che non ne vuol più sapere dell'incarico di segretario della Sezione londinese, e scrive in pro­posito a Mazzini. Questi il 29 dicembre risponde: Non accetto la dimis­sione ... Non mi accrescete impicci... Lunedi bisognerà riunirsi noi con Caldesi e Montecchi per qualche cosa.2)
Ma poco o nulla si conclude. Caldesi appare irremovibile, anche se Mazzini mostra di piegarsi un poco. Difatti egli spera di trovare una formula che oggi si direbbe di compromesso, che valga cioè a conciliare le diverse tesi; e scrive cosi la Dichiarazione che tutti dovrebbero firmare, e che verrà resa pubblica.
Non poteva, a parere dell'estensore della Dichiarazione, essere dimenti­cata in quella circostanza la vicenda dolorosa e grande del 1849, e quindi non si poteva a meno di ripetere in quel documento l'avversione alla presenza ed all'aiuto di colui che aveva sacrificato ai suoi disegni la Repubblica Romana ed imposta poi la sua dittatura alla Francia.
Nella Dichiarazione che porta la data del 21 febbraio 1859 a dieci anni precisi da quegli eventi e che viene fatta nella supposizione che una guerra si apparecchi in Italia fra l'Austria da un lato e la Monarchia Piemon­tese e la Francia dall'altro vengono necessariamente ribaditi i principi e le convinzioni più volte espresse nel Pensiero e Astone e quindi la fedeltà alla bandiera repubblicana: Unità Nazionale e Sovranità Nazionale'*. Né ven­gono però obliati, anzi sono confermati, gli impegni del 1848 che allora furono traditi, e cioè: fate l'Italia, e siamo con voi; ma non prostituite la bandiera cacciandola ai piedi della tirannide straniera. Dunque; Innalzate la ban­diera dei tre colori pura... alleatevi al primo Governo d'Insurrezione che sorgerà; e avrete tutti con voi.
Il documento è stato discusso in adunanze, ci sono state delle riserve, poi è prevalsa la voce della disciplina anche nei riluttanti. I più vicini al Maestro hanno messo tutto l'impegno per la raccolta delle firme e sono riusciti nel­l'intento. Ha firmato con riserve e soltanto per unirsi alla maggioranza anche Montecchi. Ma Caldesi il combattente del dicembre 1851 sulle barricate
i) SJ5JT., voi. LX, p. 283; voi. LXI, p. 11. a) SJBJ* voi. LXIIt, p. 62.