Rassegna storica del Risorgimento

CALDESI VINCENZO; MAZZINI GIUSEPPE
anno <1967>   pagina <608>
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Piero 'Lama
di Parigi ha trovato inopportuna e nociva alla causa la rampogna contro Napoleone, e quindi non ha firmato.
È quanto mai precisa a tale riguardo la lettera che il 2 febbraio Mazzini scrive a Saffi: Eccoti la Dichiarazione.,. A tutti i nostri va, meno che a Caldcsi il quale non vorrebbe che si dicesse una parola di Napoleone. Or, fare una Dichiarazione collettiva del Partito e non parlare di ciò ch'è il nodo della quistione è il dramma di Amleto senza Amleto. Montecchi avrebbe desi* derato lo stesso, ma firma se la maggioranza è per si. Campanella aderisce. Domenica si deve tenere un'ultima riunione, decisiva per Caldesi .x)
Ma, come abbiamo detto, Vincenzo Caldesi non piegò. Superfluo aggiun­gere che non firmò il devoto fratello Leonida.
Non peggiorarono tuttavia, in conseguenza di questo rifiuto, i rapporti personali fra i due patrioti: si direbbe anzi che la chiarificazione avvenuta in modo così aperto, giovasse ad una migliore e reciproca comprensione; e del resto la condotta della guerra e più ancora quello che fu detto il tradimento di Yillafranca non potevano a meno di unire nel comune disgusto non solo Caldesi e Mazzini, ma anche altri delle schiere garibaldine e di quelle monar­chiche. Lo sdegno, lo smarrimento in quei giorni sono comuni a tutti, anche se diverse sono le sentenze che vengono pronunciate, e non meno diverse le possibilità di soluzione che ciascuno vagheggia.
Del resto bisogna riconoscere che anche Mazzini, nei momenti in cui si combatte sui campi di Lombardia, non vuole avere altro avversario che non sia Io straniero. A proposito poi di Vincenzo Caldesi, Mazzini stesso nell'aprile suggerisce ad una signora (di cui non è indicato il nome) di rivolgersi a Cal­desi per ottenere che qualcun altro versi uno dei soliti abbonamenti al gior­nale. E parimenti pensa che anche Mario de Candia legato, pare, indissolu­bilmente al Piemonte dovrebbe versare denaro per dar forza al re: se il re è unicamente debole, unica via di porgergli occasione di cancellare la debo­lezza è il mostrargli il paese tutto intorno in insurrezione.
Così sono tornati pressoché normali i rapporti di Mazzini con Nicola Fabrizi. Questi nell'agosto del 1859 è a Modena, e Mazzini gli invia lettera da Firenze. E da Firenze il 15 di quel mese lo stesso Mazzini scrive a Forlì a Caldesi: Vincenzo mio, la ristorazione è decisa. Non vi lasciate, perdio, illudere dai governucci che avete. Sarete vittime, e sarà vittima il paese con voi . Egli vorrebbe che si riconquistasse Perugia, che si passasse negli Abruzzi: ed assicura che la Sicilia è pronta ad insorgere e che quando i Francesi saranno in Parma cesserà la metà dell'entusiasmo. Afferma inoltre che l'azione dev'es­sere improvvisa, che tocca a lui [Caldesi], a Rosella, a Pesi ed agli altri uomini del '49 compierla; che Montecchi e Mazzini in quel momento a Fi* renze sono d'accordo, e che anzi Montecchi verrà subito. E conclude: Addio, Vincenzo. Dio faccia che ci troviamo almeno uniti in questo pensiero .
Naturalmente non mancano eguali appelli al generale Roselli che è a Sant'Arcangelo di Romagna, al generale Ribotti che è a Parma ed al ricor­dato Fabrizi. ") Insomma la rivoluzione di popolo deve fiancheggiare e gui­dare, l'azione regia.
*} La lettera è in SJBJ* voi. LXIÌI, PI. 1S4-1S5. L Dichiaragione, con indica­zione 'lei nomi dei firmatari, è pubblicala in S,li,L, voi. LXU, pp. 213-220. Si 3Jn voi. LXm, p. 224; p, 291; . 318 e pp. 320-321.