Rassegna storica del Risorgimento

D'ANNUNZIO GABRIELE
anno <1967>   pagina <632>
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Alberto M. Ghisalberti
lareseu esplodeva la sua risposta: Ma 'nu specie de sgommar ella! Ce vole­vano dodici sgommarci lì pe1 forma* mezzo litro , . Più chiaro di così . Fu proprio Giacomo Giri a muovere, secondo il suo spirito pratico un'osserva-zione buonsensaio. Se non si raggiunge l'unanimità sulla designazione del d'Annunzio olla cattedra dantesca, poco male. Ma la mancanza dell'unanimità sulla proposta del conferimento della laurea ad honorem avrebbe un più grave significato . Non era il minaccioso quos ego del Ceci, ma, in fondo, sulla base di una valutazione di opportunità, era pur sempre un richiamo ad eventuali ripercussioni su certa opinione pubblica.
Par di avvertire, a questo punto, nel verbale il fremito dell'insofferenza e dell'impazienza del Ceci. II quale riprese la parola per ribattere con veemenza che tutte coleste son quisquilie di formalismo accademico . Un'affermazione cosi precisa ed esplicita non poteva portare che ad una sola soluzione: Si proceda alla votazione. Non è il caso di badare all'unanimità . Rispondeva così all'ammonimento di Festa, all'esortazione di De Lollis, alla preoccupa­zione di Giri,
Credaro ritenne opportuno ora di intervenire per far presente che Se la laurea ad honorem era riservata di solito a stranieri, mai si erano pre­sentate circostanze eccezionali come quelle che avevano suggerito la proposta. E tentò di persuadere i colleghi che, in sostanza, tra la proposta Ceci e quella Festa non c'era opposizione: Si voti oggi sulla proposta Ceci: si penserà poi all'altra , ma non potè astenersi dell'ammonire che un rinvio sarebbe quanto mai inopportuno .
Philosophus philosophum invocat. Per questo, forse, l'ex preside Varisco, il pensatore di Scienza e opinioni e dei Massimi problemi e uno dei teorici del nazionalismo, ritenne di fare aperta adesione alla tesi di Credaro. La laurea è un onore che la Facoltà può tributare a chiunque ritenga degno di riceverlo. In questo caso non può naseer dubbio sulla opportunità di confe­rirlo a chi veramente l'ha meritato sul campo .
A questo punto il segretario del Consiglio, Buonaiuli, anuota: De Rug­giero si ritira. Così i diciotto presenti all'inizio della seduta diventavano di­ciassette.
Tenace riprendeva la parola De Lollis per dichiarare che la proposta do* veva esser fatta conoscere antecedentemente ai singoli chiamati a votarla , con­fermando, quindi, che il Consiglio aveva ignorato fino a quel giorno l'intenzione di conferire la laurea honoris causa a d'Annunzio. Si ha un po' l'impres­sione aggiungeva con mal celato sdegno che una maggioranza voglia im­porsi con procedimento affrettato, che non può non suscitare riluttanza . Lo­gico, pertanto, che egli insistesse sulla sospensiva.
La battaglia della piccola opposizione era, però, perduta. Non era possi­bile, infatti, sottrarsi al fascino di quel nome, in quel momento: il poeta di ieri era diventato ìl poeta-soldato di oggi; ben pochi avrebbero avuto il corag­gio di apparire contrari a Gabriele d'Annunzio di fronte a un'opinione pub­blica che non intendeva distinguere i meriti dell'artista dall'eroismo del com­battente.
Festa chiese allora che si procedesse senz'altro al voto e, in linea subor­dinata, che sulla proposta Ceci si votasse segretamente. La sospensiva regi­stra il verbale raccoglie cinque voti ed è quindi respinta . Si passò allora alla votazione segreta sulla proposta originaria: sui diciassette presenti risul­tarono quattordici favorevoli e tre contràri. E così, in quel tardo pomeriggio,