Rassegna storica del Risorgimento
CRISPI FRANCESCO CARTE; MANCINI PASQUALE STANSLAO CARTE; MUSEO
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1967
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Le carte di Costantino Perazzi
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prattuito nel perìodo del segretariato generale alle Finanze per il quale restano anche tracce della corrispondenza con Rattazzi e con Ricasoli.
Morto l'amico e maestro, Perazzi fece tutto quello che era in lui per mantenerne vìva l'opera e la memoria; fu anche tra i promotori del suo mo-anniento. Un'altra passione, poi, legava i due Piemontesi, quella della montagna. Dal carteggio si possono seguire gli sforzi di Perazzi per lanciare Gres-soney, attraverso la permanenza lassù della regina Margherita. A questo scopo aveva contatti con Paola Pes di Villamarina, con Luigi Peccoz e con Luigi Provana di Collegno. Con Angelo Mosso, invece, discuteva dell'osserva-torio del Monte Rosa.
Ma è tempo di spigolare tra i nomi degli altri corrispondenti, dai banchieri Balduino e Barbavara a due colleghi del Perazzi come segretari generali di ministero, Giuseppe Basteris e Gaspare Finali. Le lettere di un fidato collaboratore all'Officina carte valori, Giacinto Berruti, per il periodo 1864-1876 sono più di cento; per le Ferrovie meridionali scrive Francesco Borgatti; sulle vicende del Corpo reale delle miniere, Perazzi è informato da Felice Giordano; di questioni industriali si occupa Vincenzo Stefano Breda.
Nella corrispondenza le questioni tecniche di finanza si intrecciano spesso a quelle più propriamente politiche. Così è per Ruggero Bonghi, Benedetto Brin, Carlo Cadorna, Onorato Caetani, Guglielmo Cambray Digny, Desiderato Chiaves, Domenico Farini, Francesco Ferrara, Luigi Ferraris, Giuseppe Gadda, Piero Lucca, Agostino Maglioni (col quale non è in confidenza), Francesco Nobili Vitelleschi, Carlo Alberto Bacchia, Giovanni SchiapareUi (nel 1894 invia un suo progetto finanziario), Marco Tabarrini, Carlo Verga.
L'intransigenza e la rettitudine del Perazzi sono messe in rilievo assai spesso in queste lettere, soprattutto dopo la morte del Sella, il cui nome suonava rimorso e monito per i ministeri di destra e di sinistra dell'ultimo ventennio del secolo XIX.
Il 25 gennaio 1896, Perazzi scriveva ad Arbib: La critica vivìfica, solleva l'animo di colui che ha per unico scopo il bene della Patria. Nell'interesse della cosa pubblica, e perché tu alla cosa pubblica t'interessi con animo sinceramente onesto, una sola osservazione mi preme di fard. In un Paese retto a sistema rappresentativo è assai grave il fatto di eccedere la spesa autorizzata dal Parlamento . Queste parole sono risposta a quelle di Arbib del 21 gennaio : Io credo indispensabile l'opera tua di severa censura, ma penso che si debba anche dire qualche parola che temperi i tuoi rigori e aiuti a andare avanti .
Le ragioni per le quali Perazzi lascia il segretariato generale all'Agricoltura all'avvento del Cordova Bono spiegate in una lettera di Domenico Berti del 23 giugno 1866: Vedendo che il Cordova intende battere una via alquanto diversa da quella in cui eravamo entrati io stimai di dovergli dire che Elia desidera vivamente di essere esonerato dall'ufficio di segretario generale cui si era sobbarcato con gravissimi sacrifizi! e per debito di antica amicizia. Nel 1873, c'è ehi sostiene che Perazzi dovrebbe prendere il posto di Sella alle Finanze nel nuovo ministero Minghetti. Tra questi Giuseppe Biancheri, che gli illustra la situazione a mezzogiorno del 28 giugno, in piena crisi: È vero che sento vi si voglia conferirò il posto dell'amico Quintino, ed io cospiro per voi, ma so che quel birbante di Dina vi dà dei perfidi consigli. Ad ogni modo, che l'offerta non vi faccia ancor gola; non è smessa ogni speranza per Mauro-gonato; come non è svanita la speranza di connubj; ed oggi, alle due, Min-ghetti avrà una conferenza con Depretis; so si celebrano le nozze, lasciate pure