Rassegna storica del Risorgimento

PELLOUX LUIGI GIROLAMO
anno <1968>   pagina <9>
immagine non disponibile

Pelloux presidente del Consiglio 9
stazione in Cina. E la lettera continua giustamente osservando ebe quando una conversazione, sia pure privata, tra un deputato influente e il presi­dente del Consiglio, nella quale si è addivenuto ad una spiegazione su la condotta e le intenzioni del Governo, è poi seguita da atti pubblici che possono sembrare in contraddizione è spiegabile che ciò possa generare un malinteso e un po' di risentimento.
Non si rinfaccia così in una lettera privata un fatto, una conver­sazione non realmente avvenuta!
Insomma Pelloux ha la giusta, precisa, chiara percezione di quello che avviene alle sue spalle; incomincia a comprendere che lo si è voluto man­dare alla presidenza del Consiglio per evitare che vi arrivi, per esempio, Sonnino: per tener ipotecato e caldo il posto per quando la situazione si sarà resa tale da consentire il ritorno di Giolitti al Governo. In fondo, si dimette non a causa del contegno della Camera per la vicenda di San Mun, ma effettivamente per le cause incidentali e collaterali e il movente di alcune mutate idee e le molte cose ignorate dal pubblico , parole che tradotte in volgare vogliono dire raccordo tra zanardelliani e giolittiani per abbattere il ministero ora che se ne è presentata la possibilità, perché provenienti dal Centro e da Destra, si sarebbero sperati, non senza fonda­mento, voti contrari alla condotta del ministero stesso circa le vicende ce cinesi .
Ma questa volta è veramente il Re che non vuole mandar via Pelloux, perché non vede la possibilità del Parlamento di esprimere una maggioranza diversa.
4. Accingendosi a ricomporre il ministero, Pelloux naturalmente sa bene che il ministro degli Esteri deve essere mutato, essendosi veramente mostrato non molto abile il Cane varo, e non vi è una migliore sostituzione da fare che col Visconti-Venosta, del quale, oltre la competenza tanto pro­vata, la grande autorità, anche presso le cancellerie extraeuropee, garantisce la onorevole soluzione del problema cinese e le sicure direttive della po­lìtica estera. È un momento però in cui il marchese Visconti-Venosta, > non vale dilungarsi a dire il come e il perché non può accettare di tor­nare al Governo, da esperto, da tecnico , disinteressandosi di sapere chi sono i compagni di cordata. Il ministero deve dunque far posto a qualche elemento da lui gradito, e tale sarà l'on. Carmine. D'altra parte, Pelloux non poteva non aver apprezzato il contegno obbiettivo verso il ministero da parte del centro sonniniano, che, senza nulla chiedere e senza avere uomini suoi ebe ne facessero parte, non gli aveva negato l'appoggio. E cosi sor­geva il secondo ministero Pelloux, del quale dei precedenti ministri resta­vano il Lacava e il Baccelli, non certamente uomini di Destra, ed il primo, anzi, quasi sino al giorno innanzi notoriamente legato a Giolitti. Anche