Rassegna storica del Risorgimento
PELLOUX LUIGI GIROLAMO
anno
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1968
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pagina
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19
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Pelloux presidente del Consiglio 19
politica interna con metodi e disposizioni, che facevano cadere ad Arcidosso, colpito dalle fucilate della polizia, il povero Lazzaretti, mentre alla testa di una pacifica e innocua processione di ingenui fanatici si dirigeva non certo a sovvertire le patrie istituzioni e la forma dello Stato; che da ministro della Giustizia nel 1882 aveva con un poderoso discorso contrastata la proposta di dare il voto anche agli analfabeti, avanzata da Sonnino: che, ancora da ministro della Giustizia, nel 1898, era stato tra i maggiori responsabili della emanazione dei provvedimenti eccezionali, che decretavano gli stati di assedio e i tribunali militari.
Villa che, a giustificazione di quegli stessi provvedimenti e dell'arresto e la detenzione di alcuni deputati, aveva affermato essere nel diritto del Governo respingere le violenze con la forza, cioè la liceità anche dellV arbitrio in caso di necessità.
Giolitti, che nelle elezioni del 1892 aveva compressa la libera volontà del corpo elettorale, con pressioni ed abusi non da meno di quelli usati da Nicotera nel 1876.
Questi, ed altri minori, erano i liberali di più avanzata democrazia.
Dall'altra parte: Sonnino, che, con Franchetti e Villari, era stato tra i primi a proporre e a dichiarare la necessità di leggi sociali e di assistenza dei lavoratori ed il primo a proporre l'allargamento del suffragio fino agli analfabeti.
Colombo, che si era invano proposto di far ridare all'andamento dei lavori parlamentari prestigio e dignità anche attraverso la competizione delle parti.
Pelloux, che pur inabilmente conducendo la lotta, si era proposto col suo ministero di dare al Governo i mezzi per poter esercitare il suo ufficio anche in momenti eccezionali, senza ricorrere all'arbitrio e specialmente senza tribunali militari.
Questi erano i retrogradi e reazionari.
Abbiamo sempre pensato che quanti fanno professione di scrittori di storia hanno fondamentalmente la forma mentis dei politici e perciò non possono, pur cercando di evitarlo con ogni studio, non portare nei loro giudizi un poco della loro passione di parte. Peggio, se si tratta di pubblicisti, che scrivono nel solco di determinate correnti politiche. Né bastano settant'anni (quanti mi dividono ormai da quegli avvenimenti!) a far pienamente sbollire i residui di ogni spirito di parte o a neutralizzare gli effetti di certe visioni o impressioni di allora*
Non pensiamo, quindi, di aver detto noi parole definitive, ma crediamo di aver dimostrata una cosai la necessità della revisione dei giudizi divenuti opinione corrente su l'azione del generale Pelloux e le vicende della Camera dei deputati nel 1899-900.
AMEDEO. MOSCATI