Rassegna storica del Risorgimento

COSTITUZIONI SICILIA 1812
anno <1968>   pagina <30>
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S. Massimo Ganci
i baroni siciliani avrebbero potuto realizzare la riforma costituzionale da essi proposta.
In questo senso il Bentinck ebbe più fortuna dei viceré riformatori, di Caracciolo e di Cara manico, ai quali, sotto questo profilo, è associabile, anche se ben diversa è la matrice culturale e politica dalla quale egli proveniva. È vero che quello di Bentinck fu un liberalismo strumentale che portava alle estreme conseguenze la linea liberale seguita dal Gabinetto inglese, da Austerlitz a Lipsia, nella lotta contro Napoleone (la Sicilia e liberale e costituzionale era in questo senso uno Stato monstre, dinnanzi all'Europa dominata dall'im­perialismo francese), ma è del pari certo ebe esso, aia pure dall'esterno, mise in moto una dinamica politica continuata senza interruzione fino al 1860, e per certi aspetti ben oltre.
Ma a noi preme qui sottolineare ebe la tesi della esteriorità politica del liberalismo siciliano ha le sue eccezioni; ed una di queste va ricercata appunto nel settore del costituzionalismo. Perché è chiaro che la Costituzione siciliana del '12 non fu un testo dettato dal Bentinck, sic et simpliciteri dietro di essa c'era tutta una risonanza delle dottrine costituzionalistiche del secondo Sette­cento e del primo Ottocento nella cultura giuridica e politica siciliana; la quale aveva largamente attinto alla tradizione britannica, ma aveva, altresì, tenuto presente l'esperienza democratica francese sino alle estreme punte giacobine. (Non credo possa essere messa in discussione l'esistenza d'un autentico giaco-binismo siciliano, anche se questo non ha la carica e l'estensione del giacobi­nismo napoletano; penso valga a dimostrarlo il tentativo insurrezionale di Francesco Paolo Di Bissi che non riesce a causa dei limiti stessi del giacobi­nismo sia napoletano che siciliano: s Palermo come a Napoli, il movimento giaco­bino ha, infatti una struttura intimamente intellettuale-aristocratica con chiusure ermetiche verso la massa protagonista della fase calda della rivoluzione; ma a Na­poli, in soccorso della minoranza giacobina accorrerà il generale Championnet, mentre il Di Blasi rimane tragicamente solo; e più tardi, vedremo, infine, un note­vole assorbimento da parte della stessa cultura politica e giuridica siciliana, delle idee del costituzionalismo della Restaurazione. I nomi di Paolo Balsamo, di Palmieri, del principe di Castelnuovo, del Cagliani, del marchese Francesco Pasqualino, tutti amori o ispiratori di opere e di testi costituzionali, forte­mente impregnati delle idee del costituzionalismo del tempo, ne sono la prova.
Naturalmente ciò non significa che l'interpretazione data in Sicilia delle varie tendenze costituzionalistiche europee possa considerarsi una interpreta­zione sul filo della corrente della storia ed è uno dei meriti dello Sciacca di avere lumeggiato questa interpretazione siciliana del costituzionalismo europeo, soprattutto di quello inglese ma è per sempre una interpretazione autoctona, di guisa che la solita tesi della Sicilia emarginata o seque­strata . almeno da questa prospettiva, deve essere sottoposta ad una ampia revi­sione. Di conseguenza si riscontrano parecchie bivalenze nella Costituzione siciliana del 1812. Essa, da una parte, va considerata come il più notevole tentativo diretto a dare ai gravi problemi che travagliavano l'isola, una solu­zione che non si discostasse molto dalle più moderne correnti del pensiero europeo ; per cui essa rappresenta un momento di netto progresso nella storia civile dell'isola e segna il momento di confluenza della sua storia con quella del Risorgimento italiano *>. Dall'altra essa è, invece, la Costitu-
i) ENZO SCIACCA, Riflessi del Costituzionalismo europeo in Sicilia 1812-1815 (Stadi RiHorgimentali, 4); Catania, Bonanno, 1966, pp. 13-14.