Rassegna storica del Risorgimento

COSTITUZIONI SICILIA 1812
anno <1968>   pagina <35>
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Sul costituzionalismo siciliano 35
al crollo di Napoleone, al sistema elettorale che, in quel determinalo momento, favorì i notabili intellettuali, che tali erano i candidati democratici.
Del reato queste ventate non sono state infrequenti nella storia Bici-liana: si pensi a quella dei Fasci dei lavoratori nel 1892-94, allorché la Sicilia fu la regione d'Italia dotata dalla più forte ed organizzata forza operaia e con­tadina. Eppure bastò la reazione crispina a spazzare via tutto; ed anche quando Crispi fu travolto dai fatti d'Africa, nulla risorse di questa organizzazione. Ri­masero i cervelli e le idee: si pensi alla chiarezza con cui Francesco Napoli presentava a Giovanni Codronchi, Commissario civile del governo Budini, il problema dell'autonomia siciliana e dei rapporti di questo colla risoluzione dei problemi socio-economici dell'isola; ma dietro queste idee c'era il vuoto, poiché la grande rete politico-sindacale-cooperativa era stata distrutta. Solo dopo un cinquantennio la vediamo risorgere e, ancora, in modo transitorio. H tvùo parties system non era quindi possibile, perché la realtà siciliana consentiva il diritto sostanziale di cittadinanza ad un solo partito, a quello della classe dirì­gente, rappresentata a seconda delle circostanze da Castelnuovo, da Belmonte, dal conte di San Marco o dal marchese Francesco Pasqualino. Del resto, dal 1814 in poi, neppure nell'Inghilterra di Castlereagh e di "Wellington esisteva sostanzialmente il Uno parties system; bisognerà attendere i Tories moderati e Robert Peel e tutto quello che segue.
Ma tutto ciò, in ultima analisi, è un aspetto marginale del lavoro di Enzo Sciacca, il cui notevole contributo alla conoscenza del triennio siciliano 1812-'15. in rapporto all'esperienza costituzionale europea precedente abbiamo cercato di mettere in evidenza, in apertura delle nostre note.
Né è da dimenticare l'altro aspetto concreto e nuovo del lavoro di Sciacca: la puntualizzazione dei presupposti teoretici e politici del programma demo­cratico ottenuto attraverso l'esame attento delle scarse fonti, dalle quali pos­siamo cogliere anche in questo partito una linea di demarcazione simile, anche se in chiave di opposizione, a quella che divideva, in campo costituzionale, i belmontisti dai castelnovisti: linea di demarcazione nella quale da una parte era il Gagliani: portatore di un atteggiamento politico democratico ma assai moderato che lo condusse, prima ad accettare la collaborazione con i costitu­zionali di Castelnuovo e poi ad avvicinarsi a quella tendenza rappresentata soprattutto da giuristi e da altri funzionari vicini al Re che sentiva l'esigenza di riformare la Costituzione rafforzando i poteri della Corona e dell'Esecutivo a scapito del Parlamento, per tentare dall'alto quanto non s'era riusciti a fare con una manovra proveniente dal basso; di scardinare, cioè, quell'oligarchia baronale che trinceratasi tra le strutture della Costituzione cercava di mante* nere i propri privilegi .J) Comportamento questo dei democratici sia detto di passata caratterizzato da notevole ingenuità se non proprio da scarsa co­scienza della propria funzione politica. Al di là della linea di demarcazione c'era un Rossi, dotato di più. vigoroso e coerente pensiero politico (il fatto di avere contemporaneamente sostenuto nel 1820 l'unione con Napoli e di avere-osteggiato l'azione riformatrice napoletana nel quinquennio posteriore al Con­gresso di Vienna, non ci sembra così contraddittorio come appare allo Sciacca, xna testimonianza di questa vigoria e coerenza di pensiero democratico). Ma, purtroppo, si trattava di un isolato.
S. MASSIMO GANCI
i) ivi, p. 161.