Rassegna storica del Risorgimento

CRISPI FRANCESCO CARTE; MANCINI PASQUALE STANSLAO CARTE; MUSEO
anno <1968>   pagina <80>
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80 Libri e periodici
in funzione di preponderanza adriatica, mentre il fascino bonapartesco B*estende a di­sorientare ed egemonizzare così l'estremismo repubblicano ed anticlericale di Faipoult come il circospetto gradualismo di Cacault. Milano repubblicana sia come pegno ideo­logico della pratica estromissione dell'Austria dalla penisola (l'obiettivo tradizionalista che, dinanzi all'evidenza dei fatti, ha preso il posto della frontiera naturale del Reno) è l'estrema delle tappe a cui l'ingegno compromissorio di Delacroix può spingersi per rattoppare in qualche modo la dilacerazione che agita e paralizza il Direttorio, ma pò* co o nulla influirà sulle decisioni di Bonaparte, incurante di quanto profondi e remoti semi di guerra diffondesse la sua pretesa di républicaniser pacificamente l'Italia, con le armi austriache minacciosamente accampate sui grandi fiumi, col prossimo segnacolo di raccordo reazionario che Pio VI avrebbe rappresentato col suo ramingare da Roma, con i colpi di testa che la sua assenza avrebbe autorizzato o consentito ai generali subordinati, accentuando la frattura col Direttorio e legittimando la pretesa di que­st'ultimo di riassumere in prima persona ed energicamente (ma quando tutto era ormai compromesso) la direzione della politica estera della repubblica (è questo l'argomento essenziale del secondo saggio, tutto accentrato nella ricognizione d'una distinta e coe< rente politica italiana del Direttorio, soverchiata per un istante da Bonaparte, ma poi tornata ad emergere con intransigenza nelle linee tradizionaliste, si da incorporare ed alterare strnmentalisticamente anche clamorose iniziative rivoluzionarie, come Roma, Napoli, Berna, finché l'evidentissimo carattere ideologico, da crociata traboc­cante di fanatismo popolare e di paura aristocratica, della, seconda coalizione, non spinse e costrinse il Direttorio ad aderire, con Sieyès, ad nna radicale impostazione rivoluzionaria, prodromo del cesarismo irresistibile del 18 brumaio).
I saggi successivi trattano argomenti particolari del triennio rivoluzionario.
Singolarmente interessante, comunque, hi generale impostazione interpretativa a proposito del moto di Lugo, che armoniosamente si allarga a tutto il problema del sanfedismo, e segna un netto ripudio delle esagitazioni nazionalistiche e pseudo­populistiche del Lumbroso allora in auge col favore del regime (andrebbero tuttavia esaminati certi collegamenti antigiacobini col Croce di Una famiglia di patrioti mentre, complementarmente, la durezza dett'A. in materia non finisce di soddisfare, quell'in-sistere di Bonaparte e Augerean sulla proprietà privata non manca di significato, cosi come l'odioso scarica-barile dei rappresentanti municipali ai danni del < demagogismo popolare, o ancora la strumentalizzazione terroristica della <turba da parte dei no­bili Manzoni, uno dei quali, non si dimentichi, cadde vittima di vendetta settaria du­rante la Restaurazione: più persuasivo il profilo del vescovo Chiaramonti, quantunque il chiaroscuro rappresentato costantemente accanto a lui dal Bertazzoli meriti di essere sviscerato una buona volta con serietà, e prendendo le mosse appunto dal noviziato romagnolo). Quanto al medaglione biografico del Compagnoni, questo tipico intel­lettuale settecentesco che legò il suo nome alla rivelazione del talento giornalistico del Foscolo ed al tricolore di Reggio, esso interessa sopratutto per quella formula di li­bertà senza rivoluzione su cui ruotano i concetti politici di Bonaparte, gradualisti, filoclericali, antiterroristici, nell'atto stesso in cui la minaccia austriaca mette alle corde la politica del Direttorio (ma una républicatiisation intesa cum grano salisi) mentre le generose aperture filantropiche appunto del Compagnoni vengono sommerse dalla stra­bocchevole maggioranza dei congressisti cispadani che hanno bene, e con soddisfazione, inteso dove il general en cfte/, con tutti i suoi roboanti orpelli rivoluzionari, voglia andare a parare.
Si passa quindi a delineare un tema affascinante ed inedito, le aspirazioni terri­toriali della Cisalpina, al cui proposito è impossibile sottrarsi alle analogie con la politica tradizionale di Gian Galeazzo, da un lato Genova, vivacemente democratizzata ma fortemente contestata dalla repubblica madre appunto perché concepita, nel Trecento come oggi, in preminente funziono antifrancese, dall'altro Bologna come centro di raccordo di energie economiche squisitamente padane in attesa di sboccare sul­l'Adriatico in concorrenza a Venezia (donde il particolare interesse in questi anni di uno specifico problema anconetano) o di avviarsi verso sud lungo la dorsale appen­ninica nello sgretolamento dello Stato ecclesiastico (la Toscana resta ancora l'ultimo