Rassegna storica del Risorgimento

GARIBALDI GIUSEPPE; URUGUAY STORIA 1847-1848
anno <1968>   pagina <550>
immagine non disponibile

m
Sulrut ori' Candido
In de penda me d'un di ces sujets, se sentieri t fati natii ruliser sujels de celle répubtique . È
TI Gavazzo non nascose, in alcuna occasione, i suoi sentimenti ostili ai libo* rali italiani, tanto che poche volte (e questa è grave lacuna nelle nostre cono­scenze delle vicende che direttamente o indirettamente interessano la Legione Italiana di Montevideo) nel numerosi rapporti inviati al governo di Torino in cui sono esaminate le vicende politiche rìoplatensi e discussi i casi dei conna­zionali, sono segnalate le gesta di Garibaldi e dei suoi legionari: queste sono svilite e snaturate e degli avvenimenti è presentato sempre il lato negativo o l'aspetto peggiore. Nessuna traccia rimane in questa corrispondenza delle avven­ture straordinarie di un uomo che aveva il torto di essere inviso perché ribelle al suo governo e, più che altro, perché capo acclamato e rispettato di una folla di connazionali considerati vagabondi, verso cui il Gavazzo ostentava disprezzo e manifestava la stessa aria di sopportazione e di sufficienza dei nobili diplomatici di carriera inviati in quei paesi dal governo di Carlo Alberto: il conte Palma di Borgofranco ed il barone Picolet d'Hermillon.
Riservandoci di esaminare in altra sede le attività di questo console che veniva a trovarsi nel fitto della contesa, ostile al governo locale ed alla maggior parte dei suoi stessi rappresentali, palesemente partigiano della fazione di Oribe e persuaso che le milizie straniere che avevano preso le armi in difesa della Repubblica (hi particolar modo i Francesi, gli Italiani, i Baschi francesi e spagnuoli) fossero Punico ostacolo che si frapponeva al trionfo delle armi argen­tine ed al riassetto del paese, mi rifaccio ad un documento non sospetto che indica con quanto accanimento il Gavazzo sostenesse la sua parte di nemico della collettività attiva che si raccoglieva attorno a Garibaldi e non fosse, pertanto, nelle migliori condizioni di spirito (quasi per un complesso di infe­riorità) ad intenderne nel suo pieno valore la nobiltà dell'azione e dell'opera in difesa del Paese ospite minacciato da forze preponderanti e della libera autodeterminazione dei popoli messa in pericolo dalla intransigenza nazionali­stica di Juan Manuel de Rosas, il tiranno di Buenos Aires.
Il console generale di Sardegna a Buenos Aires, il barone Picolet d'Hermillon che, pur attraverso le difficoltà dovute alla guerra ed al blocco del porto di Montevideo, riusciva a seguire le vicende della lotta attorno a Montevideo e l'attività del consolato sardo che, almeno formalmente, continuava a dipendere da lui, dall'osservatorio di Buenos Aires ove (e numerosi suoi rapporti lo dimo­strano) vede nella sua luce più cruda hi cieca ed assurda ferocia cui è ispirata Pazione di Rosas, guarda con disdegno alle cose dell'Uruguay ed all'atteggia­mento inconcepibile mantenuto dal rappresentante Bardo.
Tn un rapporto inviato a Torino il 15 ottobre 1843,?) il Picolet denuncia ima situazione che ritiene portata al limite estremo della rottura. Dopo di essersi, infatti, riferito all'espulsione dal paese del console generale del Porlo-
') Trovasi in Archivio di Stato di Torino M.S.T.], Fondo Brasile. Lettere Mi­nistri Sardi. 1834-1839 >. Porta II numero 9 del protocollo della Legazioni) di S.M. il Re di Sardegna in Brasile ad indicato con il n. 10211 del Registro generale dell'Archivio. Risolta inedito.
2) Trovasi in AJi.Tn Fondo Consolati Nazionali Buenos Aires - 1835-1851. Il documento porta il n. generale d'archivio 5490 ed il n. 117 del prò tornilo del Con­solato Generale dal Ragno di Sardegau iu Boenos Aires. D'ora innanzi detto Fondo sarà indicalo con Iu sigla CN.B.A. 1835-1851.