Rassegna storica del Risorgimento
BIBLIOTECA DEL SENATO PERIODICI; PERIODICI INDICI
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1968
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Libri e periodici
in spedai modo). Anzitutto, appare quasi emblematica l'utilizzazione d'una fruse del ministro inglese a Torino, Abercromby, che aveva già colpito il H od olirò: Io non credo lontana in questo paese, scriveva al Polmerston, facendo riferimento al Piemonte, una lotta di classi . Il punto di partenza di queste riflessioni delTAberrromby era costituito dal l'intensi fi carsi dei dissidi fra la borghesia e la nobiltà: quest'ultima tendeva a conservare una sorta di potere esclusivo sulle posizioni-r-biave (esercito, burocrazia, ecc.) dell'aulica società sobaudo-subalpiiia, suscitando cosi le ben note diffidenze di quel Cattaneo nel quale s'incarnò il piò avanzato liberalismo lombardo. L'inviato inglese non alludeva però (come il Bravo lascia pensare) ad un radicale conflitto di classi, nel senso marxista, e cioè ad uno scontro frontale fra proletariato e borghesia, poiché aveva certo ben presente la distanza che separava la situazione del Piemonte, di un paese non ancora propriamente industrializzato, da quell'Inghilterra che conosceva per diretta esperienza. E del resto anche P. A. Paravia, scrivendo nello stesso momento storico siamo alla svolta del '46-'47 verso il più intenso riformismo liberale prequarantottesco a uno sorella, parlava di < un'avversione che cominciava a ribollire nella classe media (non nel proletariato) contro la nobiltà (il passo viene più ampiamente citato dal Bravo a p. 183). Mentre altri studiosi della società piemontese, come Giuseppe Prato, tendevano a glorificare l'energia e l'operosità della frazione più avanzata della borghesia piemontese nella fase di preparazione del gran decennio cavouriano, il Bravo tende a porre altri eroi sul piedestallo della sua indagine, e si tratta beninteso dei più umili operai delle prime manifatture tessili, delle fabbriche in genere, vittime d'uno sfruttamento sul quale egli fornisce molti e preziosi dati quantitativi e statistici. Senonché appare fuori luogo ogni svalutazione di quei riformisti (non diciamo riformatori, per segnare più nettamente i limiti di un'azione di propaganda cui non segue che di rado un contributo attivo di ricostruzione sociale) cui pure presta tanta attenzione, poiché soltanto attraverso i loro scritti è dato cogliere anche, direi, qualitativamente una precisa e consapevole nozione della fatica, della sofferenza degli sfruttati : pare quindi gratuito osservare che pur proclamando a piena voce le colpe di coloro che sfruttavano i dipendenti e impiegavano nel lavoro fanciulli... essi non percepivano che, all'interno della stessa società nella quale vivevano, esisteva la realtà della fabbrica, nei cui confini entravano soltanto per fare proposte di miglioramento, ma non per indagare la connessione esistente fra l'operaio e il suo lavoro (p. 60). L'esplieita denuncia dei mali, la proposta di miglioramenti, fatte sfiorando i limiti della tolleranza governativa, e direi anche di un'opinione pubblica tutt'altro che matura, era il compito storico che spettava a quell'illuminata minoranza di còlti: non si può non restare pensosi, constatando che malgrado la sua posizione mediatrice, o per usare un termine più preciso, interclassista, il Valerio passi per un Gracco redivivo, ed incorra nel biasimo di qualcuno fra gli stessi pubblicisti liberali suoi contemporanei, come il Predati... Noterei ancora, sulla scorta delle osservazioni dello stesso Bravo, che nel caso del Valerio antico operaio dive noto direttore di fabbrica, e più tardi anche uomo politico è difficile sostenere ch'egli si occupasse della condizione dei lavoratori soltanto come riflesso dell'interesse prestato alla salute dei lavoratori impegnati nella fabbrica (p. 60), anche se il più noto fra i suoi scritti porta il titolo di Igiene e moralità degli operai di seterie... Certo, l'umanità del Valerio... veniva necessariamente contemperata dalle esigenze produttive (p. 275), ma è diffidi e concludere che ne fosse come assorbita e distrutta, e ch'egli tendesse, in fondo, alla spersonalizzazione del lavoratore, per una sua totale (e strumentale) integrazione nel ciclo produttivo (secondo un cenno del Bravo, che si riferisce in genere ai riformatori borghesi: p. 60), quando si tenga conto della sua tenace opera di propagatore di cultura in mezzo al popolo, del tono ch'egli imprimeva, con altri benemeriti, a un periodico come le Letture popolari, ed anche della 6ua attività nel campo educativo, sempre a favore degli umili, e non solo dei lavoratori di fabbrica Terrei conto, inoltre, della sua teorizzazione della t'era uguaglianza, o dei migliori mezzi per conquistarla, che consistevano secondo lui principalmente nel far salire chi si trova infimo nell'ordine sociale .
L'articolo del Valerio viene discusso dal Bravo alle pp. 181-182, riferendo altri