Rassegna storica del Risorgimento

BIBLIOTECA DEL SENATO PERIODICI; PERIODICI INDICI
anno <1968>   pagina <628>
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IAbri e periodici
Il movimento moderato nei Ducati crii mini mintemi* meno preparato e meno attivo di quello bolognese-romagnolo. I moderati parmigiani e modenesi dal 18-18 al 1859 potevano vantare interessanti figuro nell'emigrazione politica: Giuseppe Ti rolli, Luigi Zini, Giuseppe Mal musi, Luigi Chiesi, Nìcomede Bianchi, Francesco Selmi, Pietro Gioia, Jacopo e Luigi Sanvitolc. Ci fu una resistenza passiva J> ai governi ducali (Ludovico Bosellini, Luigi linsellini. Luigi Carbonieri, Girolamo Cantelli, Gin* seppe Manfredi). Tra il 1854 e il 1857 nel ducato parmense fu attivo il movimento mazziniano. Nei due ducati emiliani era assente un forte ceto borghese; vi era una mentalità grettamente risparmiatricc nei piccoli proprietari ed era (erma l'attività imprenditoriale. Le forze economicamente più provvedute erano rimaste estranee alle strutture e agli istituti politico-amministrativi, e non avevano saputo vedere oltre la concezione paternalistica dello Stato di Francesco V e di Luisa Maria. Mancò ai mode­rati parmigiani e modenesi la capacità di inserirsi nella discussione e nella prepara* ziono di progetti, che si elaboravano nell'ambiente politico piemontese relativamente alla questione dei ducati. Vivaci erano invece le discussioni dei moderati romagnoli sui problemi istiiuzionali-amminislrativi e burocratico-legislativi. Minghetti, che dal 1848 al 1859 era stato promotore e collaboratore dei progetti per la riforma delle strutture amministrative delle Legazioni, aveva precisato, d'intesa col Cavour, i punti programmatici da fissare, nel caso di un mutamento di regime. Minghetti era d'avviso che, qualora fossero partiti gli Austriaci e il rappresentante del governo pontificio, fosse sufficiente una commissione governativa, la quale doveva essere estranea alla polìtica. Fa ri ni parlava di una commissione governativa formata da cinque dicasteri, con poteri non strettamente politici; Popoli puntava sulla necessità di un governo provvisorio con tutte le caratteristiche politiche. L'assenza di specifiche competenze politiche doveva avere i suoi sicuri vantaggi: evitava eventuali tentativi separatisti e quietava i conservatori (si volevano eludere i pericoli municipalistici e centrifughi del 1848), offriva la possibilità al governo sardo di controllare meglio tali organismi se erano forniti soltanto di poteri amministrativi.
Dopo gli avvenimenti del giugno del 1859, i moderati emiliani avvertirono un netto mutamento politico: era avvenuta la rottura con i vecchi regimi ed occorreva eludere il travolgimento degli istituti di governo, che avevano il controllo della situa­zione. I rivolgimenti politici e istituzionali di quei giorni dovevano staccare in modo definitivo le popolazioni locali dai passati regimi e avvicinarle al nuovo Stato; era pertanto necessario che le popolazioni non contrastassero i programmi dei moderati e si avvertiva l'urgenza che i governi provvisori fossero quanto prima ceduti ad una maggiore stabilità politica, alla autorità statale. Nei mesi immediatamente successivi al giugno 1859 i moderati emiliani puntarono il loro impegno verso i problemi del­l'annessione, i quali furono al centro del loro dialogo politico, che fu aperto in tal senso ancora prima dei preliminari di Villafranca.
L'assenza di una tradizione autonomistica nei Ducati e nelle Romagne favorì l'opera dei moderati emiliani a vantaggio dell'annessione, che fu un obbiettivo non diffìcile, a differenza della Toscana, dove tenace era la persistenza di tale tradizione (non mancarono, tuttavia, tendenze municipalistiche anche là, dove prevalevano i filoannessionisti). U processo annessionistico ebbe due diversi interpreti in Farini e in RJcasoll ed ebbe divergenze interpretative nell'ambito stesso dello schieramento emiliano.
Infatti i moderati emiliani discussero a lungo sulla opportunità o no delle assemblee, della lega militare, dell'unione doganale, dell'unificazione politico-animi-nÌKtrutiva dei tre diversi complessi territoriali (Romagne, Modena, l'arma), del plebi­scito ecc.; dapprima concordarono in una generica affermazione annessionistica, suc­cessivamente avanzarono divergenze sull'impiego dei mezzi più utili per tradurre l'orientamento teorico in azione politica. Lo necessità di una incondizionata annessione al Piemonte, per far cessare il provvisorio ed eludere l'adito alle rivoluzioni, era stata sottolineata della stampe locale dal giugno 1859 al marzo 1860, la quale poneva anche l'accento sulla impossibilità di costituirò un regno dell'Italia centrale, che sa­rebbe stato soltanto la sostituzione di provvisorio a provvisorio. Farini. die con