Rassegna storica del Risorgimento

BIBLIOTECA DEL SENATO PERIODICI; PERIODICI INDICI
anno <1968>   pagina <632>
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Libri e periodici
nel senso radicale e garibaldino almeno della parole, perché non ha fiducia nell'ini­ziativa popolare coinè ricamino di celi sociali e di classi dirigenti, imposta il rifor­mismo dall'alto, nell'ambito della tecnica, della legge, prima ancora die in quello della mutimi coscienza collettiva. Ciò spiega la lunga e fruttuosissima collaborazione con Depretis e Crispi corno guardasigilli, una collaborazione che, nella luce un po' schematica onde l'A. illumina la sua ricerca, apparirebbe incomprensibile (e poggio ancora sarebbe ube so io?, per la legge sul giuramento politico o per la decadenza parlamentare di Andrea Costa) e che si giustifica viceversa con l'innegabile dottrina* risme paternalistico, ancorché schiettamente liberale, delle convinzioni politiche di Zanardelli (il quale, non si dimentichi, si separò da Depretis per una divergenza piut­tosto aprioristica sui trasformismo ma non segui affatto Baccarini nella sua posteriore evoluzione democratica, rimanendo anzi disponibile per una cooperazione col Crispi autoritario e bisroarcldano del primo ministero che solo la burrasca del 31 gen­naio avrebbe interrotto). Individualismo economico e ginrisdizionalismo anticlericale sono le altre, e non meno rilevanti, componenti della personalità di Zanardelli. Ma, se per il secondo ci si può riportare ad un'atmosfera generica diffusa nella Sinistra (quantunque vadano approfondite le eventuali sfumature rispetto a Crispi e Mancini, nonché, naturalmente, l'estrema) non altrettanto può dirsi per l'individualismo econo­mico su cai, come a suo tempo documentò ottimamente il Carocci, la piccola e media industria ligure e lombarda esercitò un influsso determinante. Influsso, vale la pena di aggiungere, che si riscontra altresì, e complementarmente, nei limiti regionalistici dell'azione politica di Zanardelli, e di Calcoli e di Mussi, come nell'occasione esem­plare della caduta del terzo ministero Depretis nel luglio 1879, dove non a caso l'estrema fu contraria a quegli uomini che aveva sostenuto così significativamente qualche mese addietro. Sostegno schiettamente ed esclusivamente politico, dunque, ba­diamo bene, i cai bersagli polemici sono la Destra indiscriminatamente assunta, e po­stasi, alla Bonghi, come alternativa di governo conservatore, e la Sinistra regionalista ed autoritaria di Crispi e di Nicotera. La libertà è discussa, dunque la libertà è in pericolo a : le parole famose di Bertani danno tutto il senso e la portata della batta­glia ingaggiata da Zanardelli, come tale ben meritevole di rappresentare un punto fisso di riferimento per la storia tutt'aliro che limpida del liberalismo di fine Otto-Cento. Ma purché, ripetiamolo ancora, a questo liberalismo non si chieda l'anticipa-zione più o meno implicita d'intuizioni, di punti fermi, di linee programmatiche che si son viste solo più tardi. Lo Zanardelli inflessibile persecutore degli internazionalisti sei 1878 è quello stesso che vent'anni più tardi porterà responsabilità così grande per i fatti di Milano. L'emergere e l'alternarsi delle forze sociali non sono concetti per­spicui alla sua mente di attardato, benché lucido e coerentissimo, orleanista (ed anche questo rapporto con Cuizot andrebbe studiato ed approfondito oltre l'incontro-scontro con Rousseau che l'A. ci documenta). Zanardelli è il vestibolo, il preambolo neces­sario di Gioliai, che non per nulla apparve a lungo (ancor oggi è conteso con quanta ragione: io credo con non poca) sotto Li sua tutela, nel senso che la libertà di scio­pero non può non essere preceduta da quella di riunione, le leghe di resistenza dal diritto d'associazione. Questa è la via regia del liberalismo italiano, nel cui percorso, tra Cavour e Giolittj, non s'incontra che Zanardelli: e non è poco. Ma neppur poca cosa è l'esilità estrema, hi validità circoscritta delle sue affermazioni dì principio, di* nanzi alla ricca socialità moderna dì tanti moderati statalisti, albi sensibilità, non tutta corruttrice né spregevole, del Depretis al mondo della finanza, al solido vigore legislativo ed amministrativo del Crispi,
Tutto ciò che implica naturalmente una valutazione globale del personaggio e della sua esatto collocazione storica avremmo amato veder meglio presente e di­scusso nell'opera dell A. la cui impostazione intelligentemente, dottamente apologetica rischia qualche volta di svisare i termini dal problema. Così dicasi per la questione ferroviaria, con la caratteristica sfasatura della Sinistra fra adesione politica alle con­venzioni di Basilea (soltrazione della rete all'influsso straniero) e loro rigetto econo­mico, col rifiuto dello statalismo. L'intransigenza privatista di Zanardelli, priva delle sostanziose ragioni sociali di uno Spaventa o finanziarie di un Depretis, non si com-